Nel 2008 la Kairos R. mise in luce la bontà della composizione contemporanea spagnola con delle appropriate monografie di alcuni dei suoi rappresentanti principali. Qualche giorno fa ho casualmente incrociato sulla rete un cd orchestrale di Mariss Jansons sulle classiche rapsodie, in cui paesi come la Spagna e l’Ungheria l’hanno fatta usualmente da padrone (c’è anche la rapsodia di Gershwin, ma di fianco a Ravel, Chabrier, Liszt, Enescu non bisognerebbe mai dimenticarsi di Casella); ma non è questo il punto. Quello che mi passava per la mente è come, concentrandosi sul paese spagnolo ed ascoltando la composizione attuale, ne è passata di acqua sotto i ponti: forme musicali come il capriccio, il notturno o la rapsodia in questione, hanno acquisito una sembianza totalmente diversa, così come profondamente complessi sono diventati i rimandi alla propria cultura, il che conferma che, nonostante le errate interpretazioni e la riluttanza di una larga fetta di composizione contemporanea, un cambiamento ci deve essere pure stato.
Qui mi occupo di una triade di autori che merita un’attenzione particolare, un bacino di idee che veicola facilmente verso substrati artistici, forieri di ulteriori collegamenti interdisciplinari.
Mauricio Sotelo (1961) è un compositore di Madrid profondamente devoto all’arte di Luigi Nono; dal compositore italiano Sotelo ha tratto quelle magnifiche “architetture” della memoria che abbiamo imparato a riconoscere nel suono dell’italiano; come Nono anche Sotelo ha subito il fascino del poeta Federico Garcia Lorca ed in particolare del suo Poema del cante jondo, in cui venivano create immagini appassionate dello stile vocale del flamenco andaluso. Molte sono le composizioni che Sotelo ha prodotto in questi spazi stilistici, ma un’altra, fondamentale, è stata carpita dall’arte del pittore irlandese Sean Scully, colui che ha dato nuove definizioni ai campi di colore di Rotko. La visuale diretta di questi dipinti è solitamente “immersiva”: l’occhio si perde in queste grandi fasce di colore entrando col tempo in una dimensione quasi non controllabile; i campi di Scully sono diversi da quelli di Rotko, perché mentre quest’ultimo limitava il numero di essi e li poneva in un effetto sospensivo, Scully li rappresenta più numerosi e a mò di mattoncino, lasciando talvolta luce tra le fughe e creando nel colore e nella posizione una vibrazione cromatica, che è il concetto alla base del suono di Sotelo, che se innamorò per la loro potenza espressiva.
La sobria monografia della Kairos è una delle poche cose che ci fa conoscere Sotelo dall’angolatura di uno studio di registrazione: Wall of light – Music for Sean Scully presenta tutti i principali caratteri appena descritti, dalla potenza evocativa del passato che permea i 16 minuti di Chalan, un pezzo per percussioni e ensemble (in questo caso i Musikfabrik diretti da Asbury), ove Trilok Gurtu s’incarica di far riscoprire la radice hindu del flamenco, alla rivisitazione della poesia di Garcia Lorca (Como lloro el agua è una lunga composizione per chitarra flamenco); Wall of light black s’ispira al dipinto di Scully (un integerrimo e minaccioso sviluppo di una melodia flamenco attraverso le svolte microtonali di un sassofono protagonista), mentre Night è un incredibile notturno in cui la marimba svolazza su cornici di danze specifiche, l’altermodernità di Bourriaud seguita da Sotelo, nello spazio opportunamente modificato per effetto dei ritrovati contemporanei.