Eunho Chang: Kaleidoscope

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Nelle celebri frequentazioni post anni cinquanta a Darmstadt le convergenze di pensiero provenivano anche da compositori non europei; in particolare, tra quelli orientali spiccava l’opera innovativa del sud coreano Isang Yun. Quest’uomo concentrò con una sagacia incredibile tutti i problemi che sorgevano come conseguenza del fatto di essere, alla fine dei conti, un compositore nato in un altro posto; durante i suoi soggiorni germanici Isang Yun si interrogava su quale fosse la sua identità e quale dovesse essere quella attuabile. Nei fatti concreti Yun propose la più raffinata associazione tra tradizione coreana e musica dell’Occidente, una sintesi perfetta, ornamentale, giocata sul trasferimento della sensibilità delle sue tradizioni nella strumentazione classica occidentale. Yun lavorava molto sull’atonalità e sulla serie e quasi niente sulle scoperte armoniche di connessione al mondo orientale fatte da Debussy e Ravel, scoperte che mostrarono comunque di avere tutta la loro validità non appena il mondo compositivo coreano fu in grado di esprimere una propria scuola di compositori.
Gli ultimi trent’anni hanno dimostrato come i compositori coreani abbiano conservato e coltivato i benefici degli studi in Europa, soprattutto in Germania (luogo in cui è esploso ad esempio il talento di Unsuk Chin) e in alcuni centri topici della Polonia, dove da tempo si sono create collaborazioni con il mondo compositivo coreano e percorsi didattici utili per la maturazione degli artisti (la Fryderyk Chopin University of Music a Varsavia). Una delle principali problematiche è quella di trovare un ambiente idoneo per portare ai massimi livelli il patto di alleanza tra compositori ed esecutori, poiché solo vivendo in prima persona il pezzo scritto il musicista ha delle chances per poter soddisfare in pieno l’intimo pensiero che si cela nella musica del compositore.
Un esempio brillante di questi percorsi ci è offerto dal compositore Eunho Chang (1983), con una monografia per Kairos che si concentra sulla musica da camera e sui leggeri ensembles, dal titolo Kaleidoscope; Chang non si preoccupa delle sue tradizioni, semplicemente le vive come elementi della sua espressione, che è ampia ed incentrata sulle sensazioni scaturenti dai suoni astratti della musica, veicoli traslativi di un mondo sonoro naturale. Lo stile di Chang attinge da alcuni avamposti della musica di Yun (la titolazione in lingua coreana o l’attenzione al suono-tono), ma mentre la composizione migliore di Yun è costruita per ingenerare sconcerto, viaggi nell’ignoto (mi riferisco alla produzione degli anni sessanta fino ai primi concerti solistici per strumento primi anni ottanta), verso storico robusto ed epico (soprattutto la composizione sinfonica), Chang è un naturalista della musica, suscita meditazione e colorazione empatica, attua un piano di tessiture e tecniche estensive tutte votate al raggiungimento di un risultato subliminale. Nelle 4 composizioni che formano Kaleidoscope, si può andare alternativamente a caccia di panorami, di ombre o di risvolti spirituali, con l’assistenza di musicisti eccellenti come l’Arditti String Quartet, l’ensemble TaCTuS (interamente percussivo), il Contrechamps e il Divertimento Ensemble; ci passano davanti, con un’intelligenza compositiva sopraffina, i dipinti del San-Su-Hwa, l’energia positiva della luce e in generale un concetto di musica contemporanea molto lontano dalle tendenze souvenir che la recente Corea sta purtroppo accogliendo come principio di un ipotetico cambiamento musicale.
Un’ultima, doverosa, annotazione va fatta in merito al Chang pianista, che trova posto in Memory, una raccolta esclusivamente pianistica pubblicata per la polacca Requiem R., quasi in concomitanza con Kaleidoscope; lì troverete un cuore un po’ più spostato verso Debussy, le impronte ritmiche e melodiche della tradizione del suo paese e il gioco ad effetto della sperimentazione occidentale sulla tastiera e negli interni dello strumento (si suona anche a quattro mani o in duo tra tastiera e corde interne).
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.