Per tutto l’Ottocento musicale impera il Romanticismo e tutte le sue teorie. Gli strumenti musicali rispettano il sistema di accordatura chiamato temperato equabile, che si basa sulla costruzione di una scala tonica, cioè fatta da toni e semitoni che in tutto arrivano a 12 costituendo un ottava. Vi è sempre una sorta di gerarchia tra le note musicali e non si sente il bisogno di esplorare nuovi orizzonti: il sistema ben temperato era stato il riferimento musicale del passato (circa 300 anni, ma continuerà ad esserlo anche dopo l’Ottocento). Tutte le convenzioni musicali si basano su questo sistema, che tuttavia non costituisce l’ordine naturale dei suoni. Alcuni musicisti, grazie alle misurazioni delle frequenze dei suoni rese possibili da nuovi macchinari di rilevazione e al fervore con cui affrontano questo problema, cominciano ad avere visuali diverse: si fa largo l’idea che gli strumenti possano essere esplorati: per es. per dirla alla Charles Ives, sarebbe necessario fisicamente inserirsi tra gli spazi dei tasti del pianoforte e vedere se è possibile ottenere nuove scale e nuovi suoni. La questione non è limitata solo alle possibilità offerte dalla tecnica, cioè la possibilità di comporre usando centesimi di tono, ma si rivolge anche agli strumenti, poichè la stratificazione del suono e la sua misurazione fece scoprire che lo stesso aveva degli effetti armonici non distinguibili benissimo all’orecchio umano ma chiarissimi alla rilevazione dello strumento che li misurava. Di qui il cosiddetto dibattito sull’utilizzo dei sovratoni che seguiva di pari passo quello riguardante i toni e i semitoni. (sempre Ives, pur aderendo alla teoria, usò i quarti di tono solo in alcune composizioni)
Elliott Carter a fine Ottocento, criticava questa impostazione, perchè non riusciva a dare importanza ai sovratoni, riteneva che non fossero necessari per la struttura musicale. Di contro, all’inizio del Novecento Harry Partch invece costruiva strumenti appositi per accogliere queste modifiche. (paragonava il suono ad un foglio di carta ove le note non erano altre che macchie di inchiostro e quindi parte di un sistema tutto da esplorare). Partch spese tutta la sua vita a lavorare sulla microtonalità, spesso in condizioni di vita veramente disagiate, con strumenti accordati in diverse regolazioni (limiti) di just intonation. Grazie ai contributi di due artisti messicani: Novaro e Carrillo, e a Ferruccio Busoni che portò alla ribalta degli armonium costruiti appositamente con ottave a 36 suoni, che si potè cominciare a parlare di scala diatonica e di processi armonici, nonchè di temperamento non più equabile, ma naturale.
Ed è qui che si inseriscono i primi minimalisti negli anni sessanta (siamo nel novecento): i minimalisti rivendicavano un ordine naturale dei suoni che era stato prerogativa dei popoli antichi della Terra, ribadendo le relazioni matematiche tra i suoni e conferendo indirettamente un sapore mistico al movimento: varie popolazione indigene della Terra, nonchè tutta la disciplina Orientale non aveva nulla a che fare con il sistema ben temperato e le sue convenzioni: durante il novecento, quindi si cercò di sviluppare la microtonalità (terzi di tono, quarti di tono, ecc.) e la just intonation, cosiddetta giusta intonazione o naturale intonazione.
Kyle Gann, noto professore e lui stesso musicista minimalista, in un suo articolo ha spiegato i tratti tipici del movimento. I minimalisti si distinguono per alcune caratteristiche comuni: si muovono con una nota o poche note e utilizzano una corda o pochissime corde, usano la ripetizione, lavorano con un pattern di processi che viene integrato al massimo due volte nel brano, alcuni usano il drone. Il movimento si pone come reale alternativa al serialismo e a tutti i suoi sviluppi: come afferma Piero Scaruffi a proposito del brano di Terry Riley “In C” ….giunge all’improvviso, inaspettata, figlia di quelle ricerche sui “ritardi via nastro”, mentre i conservatori progettano sinfonie dissonanti o sonate elettroniche…Non è abbastanza radicale da appartenere al dadaismo “cageano” e non è abbastanza “seria” da rientrare nell’espressionismo darmadtstiano…..
Quindi primo vero elemento innovatore è l’uso della ripetizione: in tal senso, Terry Riley mise in musica la suite “In C”, dove la lettera sta per il do musicale che si “ripete” per tutto il brano; costruisce poi 53 partiture per strumento che vengono man mano inserite. Philip Glass in maniera ciclica ripropone le sue armonie statiche in parecchie opere della gioventù (“Music in changing parts”, “Music in Twelve Parts”). David Borden compie un passo ulteriore nello sviluppo della corrente musicale introducendo nella composizione una valenza al contrappunto (“The continuing story of the counterpoint”).
Il più importante e influente minimalista è La Monte Young che con un disco di quasi cinque ore “A Well Tuned Piano”, ricostruisce l’accordatura del pianoforte in modo da ottenere la just intonation. Questa composizione in cinque parti, ripetitiva, ossessiva, dichiara apertamente il suo amore per la musica concepita come organismo vivente: dallo strumento escono note che sembrano “stonate” alle nostre orecchie abituate alla convenzione dei 12 toni, ma che fanno muovere il musicista e l’ascoltatore in un mondo musicale realmente diverso. Questa presunta “stonatura” dà luogo a continui cambiamenti nell’armonia e nei timbri e “costringe” il suo esecutore a rincorrerli con altre note o accordi che possano adeguarsi: il processo così va avanti, si evolve continuamente al pari degli organismi viventi e dà all’ascoltatore un senso di ipnosi. (e qui si nota come il fine musicale è parente di quei filoni musicali orientali). Un seguace dei nostri giorni di La Monte Young è Michael Harrison, il quale ha costruito pianoforti secondo un proprio metodo frutto dell’evoluzione di quello del suo maestro: la “pure intonation” ottenuta con un “harmonic piano” cioè un grand piano che offre la possibilità di suonare su un ottava fatta di 24 note.
Un’altra innovazione sta nel “phasing” ed è dovuta a Steve Reich: il phasing è l’uso non sincronizzato di due suoni in maniera che l’uno segue l’altro; il processo applicato alle combinazioni non suolo di suoni ma anche dei ritmi e delle melodie produce un effetto reiterativo impressionante.
Il violinista Tony Conrad e la sua allieva, la fisarmonicista Pauline Oliveros sono invece i fautori della “deep listening“: utilizzando anch’essi la just intonation, tendono a far emergere gli effetti di risonanza o di riverbero che possono venir fuori da spazi particolari come le cave, gli interni delle cattedrali, enormi sotteranei (cisterne). In particolare la Oliveros si distingue anche per la “sonic awareness” ossia l’abilità a concentrare l’attenzione sui suoni musicali, cercando di trarre dai suoni implicazioni terapeutiche, come descrive l’autrice nella sua teoria una sintesi della psicologia dei flussi della coscienza. Tra i discepoli della “deep listening” troviamo anche Ellen Fullman, che è famosa per essere riuscita a comporre con il “long string instrument“, uno strumento musicale accordato in just intonation, dotato di due lunghi bracci di corde di circa 300 metri che emettono suono risonante al loro sfioramento: la Fullman suona camminando in mezzo a questo flusso di onde sonore cercando di esplorare il moto vibratorio longitudinale delle corde.
Importante è anche il contributo innovativo dato da Harold Budd, che da sempre aveva avvertito l’esigenza di dare un contenuto archittetonico alla composizione musicale: gli spartiti devono avere un bell’aspetto, anzi venivano giudicati in base a questo, la composizione doveva essere modulare, cioè poteva essere “inscatolata” e unita ad altre in modo compatibile.
I movimenti post-minimalisti hanno, non solo provveduto a recepire le istanze rinvenienti da altri generi musicali, ma anche ad effettuare particolare operazioni sul timbro degli strumenti e sui processi armonici da essi generati. Quest’ultimo movimento, chiamato con molte definizioni “massimalismo”, “totalismo”, ecc. studia a fondo la scala naturale armonica e gli ipertoni (o sovratoni) emessi dagli strumenti a corda e dai fiati.
Helmholtz, fisico tedesco dell’800 che sviluppò una teoria per spiegare le relazioni tra timbri e sovratoni, aveva stratificato i processi armonici e aveva scoperto che la sostanza del suono veniva dalla prima armonica, la seconda gli dava limpidezza, la sesta e l’ottava lo rendono squillante, la settima e la nona lo inaspriscono. La serie degli armonici naturali prevede poi che il 7-11-14 armonico sono calanti e il 13 è crescente dove il suono principale è il Do: questa fondamentale scoperta favorisce il loro uso da parte di molti chitarristi minimalisti per avere particolare enfasi nel suono, basterà che gli stessi scoprano le tantissime armoniche presenti su loro strumenti. Bisogna tener presente che a differenza del pianoforte ove il suono è secco e non produce armoniche esatte, nelle chitarre o nei violini le frequenze sono nettamente udibili e piene di ipertoni. (il violoncello ad esempio ne ha più di 10); sebbene in modi diversi, anche gli ottoni possiedono alcune armoniche. Tra i massimalisti più innovativi che hanno sperimentato sugli ipertoni troviamo Glenn Branca, Rhys Chatam(specializzati nei sovratoni delle chitarre) e Arnold Dreyblatt (specializzato nei sovratoni dei violini).
Discografia minima consigliata:
-Harry Partch, Delusion of fury, Columbia 1971
-La Monte Young, A well tuned piano, Gramavision 1988
-Terry Riley, In C, Columbia 1970
-Philip Glass, Music with the changing parts, Chatam Square, 1973/Music in Twelve Parts, Caroline 1976
-Steve Reich, Octet, Music for large ensemble, Violin Phase, ECM 1980
-Tony Conrad, Four Violins, Table of elements 1964, ristampato nel 1997
-Pauline Oliveros, Deep listening, New Albion 1989
-Ellen Fullman, Long string instrument, Apollo 1985
-Harold Budd, Serpent/Childrens of the hill, Cantil 1981
-David Borden, The continuing story of Counterpoint, 1988 (in tre parti)
-Michael Harrison, Revelation, Cantaloupe 2009
-Glenn Branca, Ascension, 99records 1981, ristampato Acute 2003/Symphony n. 3, Neutral 1983
-Rhys Chatam, An angel moves too fast to see, Table of elements 2003
-Arnold Dreyblatt, Animal Magnetism, Tzadik, 1995
Bibliografia consigliata:
-Suoni di una terra incognita. Il microtonalismo in Nord America (1900-1940), Libreria Musicale Italiana
-Minimal music, maximal impact, Kyle Gann su NewMusicBox, 1/11/2001