John Zorn: Retrospettiva

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Concert of "Masada, Checiàp , CC BY 2.0, no change was made

 

John Zorn ha una discografia sterminata e ha catalogato i suoi lavori attraverso una specie di “collane” (così come si usa nei libri), grazie anche alla piena libertà d’azione che gli viene dal fatto di essere il proprietario della casa discografica Tzadik Records, la quale ospita non solo la sua musica, ma anche quella di parecchi artisti provenienti dall’avanguardia (anche classica), che non avrebbero potuto avere un contratto discografico: “Jewish Music”, “Japan music” sono alcune delle sigle usate. L’artista ha navigato in diversi generi, con operazioni spesso al confine e il suo eclettismo non può essere in qualche modo etichettato: tuttavia cercherò di proporvi una suddivisione delle sue opere migliori partendo dalle definizioni convenzionali.

Avanguardia
E’ stato il genere con cui l’artista si è espresso nei primi anni della sua carriera, che tuttora l’artista rispolvera con qualche album: siamo nei territori “impervi” dell’improvvisazione tout-court, si potrebbe parlare dell’equivalente americano di Evan Parker; tuttavia John Zorn si distingue da tutti gli altri improvvisatori, poichè incorpora nella sua musica forti elementi di astrattismo, qualche volta sconfinanti nella schizofrenia, con una piena aderenza al movimento dadaista (che rifiutava la razionalità ed accoglieva la piena libertà di espressione degli artisti utilizzando modalità espressive tendenti al satirico e alla stravaganza, vedi es. Frank Zappa). John Zorn si caratterizzerà anche per un ulteriore elemento, quello che probabilmente farà di lui un musicista ricordato dai posteri, i cosiddetti “game pieces”, un innovativo metodo di dirigere i musicisti con lui impegnati nell’improvvisazione, che consiste nel fissare determinate regole nel numero di note da suonare e nel modo con cui suonarle, con l’effetto contrario di ottenere una piena anarchia musicale.

-Locus Solus, Rift 1983
-Cobra, HatArt 1987

Jazz
Uno dei suoi contributi maggiori Zorn lò dà nel jazz e nelle sue personali elaborazioni: riprende in maniera riverente i classici del be-bop e ne dà una sua lettura, è attento alle riproposizioni free e a quanto proposto da Coleman e dà frutto alle ossessioni per i toni forti e pesanti. Ma in questi lavori Zorn non è il compositore dei pezzi. E’, invece, nei lavori dove compone che emerge tutto il suo stile pieno di elementi: in “Spillane” e “Godard/Spillane” (omaggi “noir” rispettivamente al regista francese e allo scrittore di fumetti americano) mostra in maniera chiara quell’eclettismo diviso in parti uguali tra una riproposizione del jazz di Coltrane e limitrofi “free”, slanci blues di elevata fattura e moderna musica da camera. Il tutto condito dai soliti spazi sperimentali: il risultato è fantastico e stranamente godibilissimo. In questi album l’artista applica la cosiddetta orchestrazione “file cards”, cioè compone creando dei blocchi di “musica”, una specie di memory cards musicali da impiegare nell’improvvisazione con i musicisti. Questa esperienza viene, poi, anche approfondita con i lavori fatti con i Naked City. John Zorn ha volutamente coltivato per le sue composizioni, un gruppo di musicisti “importanti” a lui musicalmente vicini come Bill Frisell, Fred Frith, Anthony Coleman, Bobby Previte, Joey Baron, Wayne Horvitz, Marty Ehrlich, Zeena Parkins, ecc. che costituivano la “crema” dell’avanguardia jazz newyorchese.

-Spillane, Elektra, 1987
-News for Lulu, HatArt, 1988
-Naked City, Naked City, Elektra 1989
-The Bribe, Tzadik 1998
-Godard/Spillane, Tzadik 1999

Classical
La tecnica del “collage” multistilistico è un elemento fondamentale anche nei dischi a tema musicale esclusivamente classico: l’atonalità tipica dei movimenti seriali viene fusa con i suoi ricorrenti pasticci strumentali. Non è certamente quella parte di personalità di Zorn che preferisco in assoluto, sebbene i dischi che vi ho consigliato sono tutt’altro che brutti: penso, però, che uno dei contributi di Zorn nella classica che si ricorderanno più a lungo sia quello che riguarda la klezmer music (musica ebraica) e l’interazione moderna con le culture musicali occidentali, tra cui anche quella classica.
-Aporias, Tzadik, 1998
-The String Quartets, Tzadik 1999

Jewish Music
Uno dei campi di ricerca ideali di Zorn è la passione per le tradizioni ebraiche e le sue possibili interazioni con altri generi. Al riguardo l’attività discografica è cospicua ed è stata elaborata attraverso gruppi di musicisti appartenenti al suo entourage: Masada String Trio o in quartetto, Masada Chamber Ensemble (Bar Kokhba), Electric Masada, si impegnavano ad improvvisare in chiavi diverse (in stile chamber jazz o jazz-rock ad es.). Inoltre, pur non segnalandoveli, direi di tener presente i lavori della collana “Book of Angels” in specie quelli per Mark Feldman/Sylvie Courvoisier (Malphas, vol. 3), Marc Ribot (Asmodeus, vol 7), Erik Friedlander, (Volac, vol. 8), tutti Tzadik R., nei quali gli artisti citati suonano con personale libertà composizioni di John Zorn sul tema.

-Kristallnacht, Eva, 1993
-Masada Chamber Ensemble, Bar Kokhba, 1996
-The Circle Maker, Tzadik 1998
-Masada Quartet, Live in Sevilla, Tzadik 2000
-Electric Masada, 50th Birthday Celebration, vol. 4, 2004

Filmworks:
Zorn dedica una serie ormai lunghissima di albums per colonne sonore dedicate a piccole produzioni cinematografiche, spesso cartoni animati. Vi consiglio di ascoltare la bella antologia proposta da Zorn (uno o due brani massimo per film), per farvi anche un’idea del tipo di lavoro svolto, dato che spesso queste produzioni hanno una valenza più limitata e legata allo scopo che devono perseguire. E comunque scorgerete qua e là delle piccole perle musicali che vi “costringeranno” ad andare sui “numeri” della collana.
-Filmworks anthology, 1986 to 2005, 20 Years of Soundtrack Music, Tzadik 2005

Altri generi:
Sono soprattutto i lavori dedicati alla “collana: Music Romance”, in cui combina stili retrò come l’exotica (un genere “ritmico” degli anni cinquanta espressione delle culture locali di alcuni posti “esotici” della Terra) o il surf-rock (il genere californiano portato alla ribalta internazionale con i Beach Boys), con sprazzi di jazz, musica classica e punk, e la collana “Archives Series”. Qui si trova il John Zorn più accessibile, ma nondimeno meno interessante, in creazioni che tendono ad esaltare meno l’aspetto solistico e più quello atmosferico.

-The gift, Tzadik, 2001
-The dreamers, Tzadik, 2008
-O’o, Tzadik, 2009
-Alhambra love songs, Tzadik 2009
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.