Musicista elettronico irlandese attivo già dagli anni ottanta, oltre ad essere il “nonno” dell’elettronica irlandese, Roger Doyle è uno degli esponenti più interessanti del minimalismo applicato al teatro. Poco conosciuto se non negli ambienti dell’elettronica, Doyle si è sempre diviso tra due prospettive musicali: da una parte l’uso (anche elettroacustico) dei suoni confezionato in diversi dischi in volumi e l’utilizzo del “minimalismo” classico, entrambi inseriti in un contesto dove l’aspetto narrativo (che lo rende più fruibile in teatro) è un aspetto fondamentale. Quindi un compositore, musicista da ascoltare magari con l’ausilio di immagini o cortometraggi: è proprio quello che succede ai suoi concerti o nelle colonne sonore a cui prestato la sua musica. Doyle narra attraverso voci appropriate storie tra le più disparate e la sua musicalità ben si presta a descrivere il moderno concetto “ambientale”, cioè musica che accompagna la nostra vita in tutta la sua quotidianità. In questo ultimo album (tra i suoi migliori) tali aspetti sono rimarcati da due nuovi brani in perfetto stile minimalistico con apporto di elettronica e una versione di “Adolf Gebler, clarinettista” che è una colonna sonora per un film immaginario, viene anche chimato un ‘cinema per l’orecchio’. Suonata dal vivo con orchestra, pianoforte e voce femminile, i dialoghi pre-registrati e gli effetti sonori provenienti dagli altoparlanti, danno all’ascoltatore l’impressione di essere presente alla proiezione di un film, che però non può vedere, solo sentire. La storia è quella di Adolf Gebler andato a vivere in Irlanda dopo essersi innamorato di una mascherina incontrata dopo un concerto a Dublino nel 1910.
Discografia selezionata:
-Babel, Sido 1981 (ristampato in tre volumi per la Silverdoor 1998) per i suoi lavori compiuti nell’elettronica (anche elettroacustica e ambientale) che ha richiesto quasi dieci anni per la sua realizzazione.
-Budawanny, Silverdoor 1987, colonna sonora di due films diretti negli anni ottanta dal regista irlandese Bob Quinn, per i lavori “cinematografici” o “teatrali” ove sono presenti anche elementi tipici della tradizione folk irlandese.