Compositore di estrazione classica, il tedesco Max Richter (residente in Inghilterra) può essere considerato uno di quegli artisti che stanno tentando un crossover tra un certo tipo di musica classica e sonorità appartenenti a generi apparentementi lontani, quali l’ambient music e l’elettronica: viene considerato l’inventore di un filone di matrice europea chiamato da lui stesso “post-classic” (i critici lo definiscono anche “modern classical”), che sposa gli insegnamenti di Erik Satie (per quantità di note da distribuire tra piano e violini) e della moderna musica contemporanea (da Berio ai minimalisti classici come Glass e Reich) con un uso discreto di sonorità ambientali (Brian Eno è il riferimento, con forti inquinamenti nel minimalismo ambientale) e di quelle dell’elettronica (che si limita spesso a riempire gli spazi decorativi delle sue tematiche).
Richter non è musicista semplice: ha scelto una via musicale che contempla i toni oscuri e la tristezza della vita; i suoi albums e le colonne sonore commissionate, prendono in considerazione la contemplazione della difficoltà e delle situazioni drammatiche dell’individuo o di quelle provenienti dalla storia. Tuttavia Richter è un maestro nel toccare la profondità dell’animo dell’ascoltatore con un stile inconfondibile fatto di austerità, malinconia, di inquadramento del tempo che realmente può considerarsi evocativo delle storie in cui si immedesima musicalmente.
Richter non è musicista semplice: ha scelto una via musicale che contempla i toni oscuri e la tristezza della vita; i suoi albums e le colonne sonore commissionate, prendono in considerazione la contemplazione della difficoltà e delle situazioni drammatiche dell’individuo o di quelle provenienti dalla storia. Tuttavia Richter è un maestro nel toccare la profondità dell’animo dell’ascoltatore con un stile inconfondibile fatto di austerità, malinconia, di inquadramento del tempo che realmente può considerarsi evocativo delle storie in cui si immedesima musicalmente.
Il suo primo album “Memoryhouse” (fuori stampa dal 2002 e ristampato solo l’anno scorso) è il suo biglietto da visita e allo stesso tempo può essere considerato l’album con cui è nato questo movimento ibrido diviso tra classica e minimalismo ambientale: un disco di alto livello, con la partecipazione della BBC Philharmonic Orchestra, che fin dalla copertina (una vecchia ferrovia completamente deserta in bianco e nero) fa intuire il programma musicale, il quale si caratterizza anche per gli inserti poetici “parlati” nei brani e un toccante lirismo nelle fasi più drammatiche (eccellente l’uso della soprano Sarah Leonard). Il respiro da compositore classico comunque sembra essere il suo marchio prevalente nei dischi successivi “The blue notebooks” e “Songs from before”, che lo impongono all’attenzione della critica e di un certo pubblico più preparato, nei quali l’artista tedesco fornisce altre forti dimostrazioni della sua personalità artistica; nel 2008 “24 Postcards in full colour” sposta l’accento in misura più marcata sulle registrazioni elettroniche in un album di miniature musicali (brani di non più di 2 minuti) che condividono situazioni, posti, stati d’animo globali in una sorta di foto istantanee corredate da un messaggio intrinseco (a mò di cartoline). In questi ultimi anni Richter è stato artefice di alcune colonne sonore per films tra le quali “Waltz with Bashir” (che documenta la guerra libica dell’82) e “Henry May long” (una storia particolare e per certi versi dolorosa di due amici inglesi), oltre ad esibirsi nei concerti con il progetto “The art of mirrors”, in cui fornisce con il suo ensemble musica di sottofondo per dei films in superotto di Derek Jarman.
“Infra”, lavoro commissionato per un balletto di Wayne McGregor, può essere considerato un clone di “The blue notebooks” o “Songs from before”, sebbene la formula stavolta sia meno convincente ed appagante; resta il fatto che la piccola virata verso l’elettronica fatta nel precedente album sia stata già accantonata.
“Infra”, lavoro commissionato per un balletto di Wayne McGregor, può essere considerato un clone di “The blue notebooks” o “Songs from before”, sebbene la formula stavolta sia meno convincente ed appagante; resta il fatto che la piccola virata verso l’elettronica fatta nel precedente album sia stata già accantonata.
Discografia consigliata:
-Memoryhouse, BBC 2002
-The Blue notebooks, Fat Cat R. 2004
-Songs from before, Fat Cat R. 2006
-24 Postcards in full colour, Fat Cat R. 2008