Il concerto per pianoforte nel romanticismo: dagli albori al decadentismo

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[Rubinstein, half-length portrait, seated at piano, facing right], photo public domain

La casa discografica britannica Hyperion Records, nel suo lavoro di riproposizione del passato, si è distinta soprattutto per alcune “collane” musicali, tra le quali sicuramente la migliore (sia negli intenti che nei risultati) è risultata quella dedicata al romanticismo musicale ed in particolare al piano concerto nel periodo romantico. Sebbene (penso volutamente) abbia lasciato da parte alcuni tra i concerti per piano più famosi, la casa discografica inglese ha messo su cinquanta volumi divisi per artista in cui ha riproposto in maniera definitiva concerti già registrati, composizioni che non avevano mai avuto una registrazione o sistemazione discografica, invitando suonatori e direttori d’orchestra illustri per realizzare lo scopo. E’ quindi sulla base anche di queste registrazioni iniziate nel 1991, costituenti un prezioso patrimonio artistico, che ho preso spunto per descrivere uno dei periodi migliori della storia musicale “classica” e della musica in generale.

Come già descritto nell’articolo dedicato al concerto per piano nel periodo antecedente (periodo classico), il concerto per piano arriva ad avere la sua vera profondità nel periodo romantico con la nascita di veri e propri “assi” del pianoforte: i primi embrionali esempi di romanticismo risentono ancora delle rigidità classiche del periodo precedente e possono essere rinvenuti intorno al 1800/1820, non solo nei lavori ponte di Beethoven, Field e Dussek, ma anche nelle partiture di artisti come il tedesco Carl Maria Von Weber (tre concerti), che pur avendo una preparazione tecnica invidiabile con uso di glissati, rimane ancora fermo ad una forma di concerto piuttosto accademica, e il cecoslovacco Ignaz Moscheles (1794-1870) che tutti i pianisti conosceranno poiché i suoi metodi di esercitazione sono la base per l’arrichimento professionale degli studenti al conservatorio (sette concerti): la collana Hyperion li riporta con dovizia di particolari nel periodo romantico, ma in realtà si potrebbero considerare con un piede dentro ed uno fuori nel classicismo musicale.
Il romanticismo (anche a livello pittorico e letterario) nacque in Germania: i primi virtuosi, pienamente immersi nel nuovo movimento, furono Felix Mendelssohn (1809-1847), con i suoi due spettacolari concerti per piano con orchestra nonchè quelli con doppio piano, la cui figura sta avendo una forte rivalutazione per imporlo tra i grandi di questo plurisecolare movimento musicale; Friedrich Kalbrenner (1785-1849), che tanto effetto fece a Chopin per le sue tecniche pianistiche che davano rilevanza alla diteggiatura piuttosto che ai movimenti del braccio, il quale fece quattro concerti per piano tra il 1823 e il 1835, e soprattutto Robert Schumann (1810-1856), che nel suo concerto dà una dimostrazione ineguagliabile di stile e sensitività. (anche la moglie Clara era notevole allo strumento e pubblicò anch’ella un concerto per pianoforte prima del marito, nel 1832)
La serie “Romantic piano concerto” dà risalto anche al compositore Adolf Von Henselt (1814-1889) con il piano concerto in F minor op 16, attribuendogli il merito di aver anticipato gran parte della seconda ondata del romanticismo russo (da Rachmaninov a Scriabin), poiché era pedissequamente invitato alla corte dei zar; forte di un’elasticità di mani senza eguali, Henselt è stato letteralmente dimenticato dall’establishment per via della sua risaputa paura di esibirsi in pubblico. Tra gli artisti austro-tedeschi riscoperti dall’etichetta inglese vanno menzionati Theodor Kullak (1818-1882), Robert Fuchs (1847-1927) e Friedric Kiel (1821-1885), tutti compositori con caratterizzazione sinfonica, ben inseriti nella tradizione germanica del concerto.
Quando si pensa al romanticismo il primo pensiero che torna indietro nella memoria storica è a Fryderyk Chopin (1810-1849), polacco ma vissuto per gran parte della sua carriera musicale a Parigi, generatore della variante romantica polacca, fu uno dei pianisti più straordinari della storia musicale: in possesso di un senso di equilibrio musicale, della misura perfetta, unito ad un virtuosismo che faceva uso continuo di modus accelerandi o diminuendi, esplorava l’intera tastiera costruendo armonie che per la prima volta riuscivano a trasferire nell’animo emozioni che partivano da una difficilissima diteggiatura della tastiera: ne uscivano a seconda dello stato d’animo dell’autore e di quello che voleva esprimere, nostalgia, drammaticità, senso compiuto del vivere. I due concerti per pianoforte di Chopin sono dei “must” per tutti gli amanti del settore e rappresentano la prima forma compiuta di pianismo romantico per eccelenza, nonostante la maggior parte della critica musicale gli dia un ruolo più contenuto per via del fatto che il compositore doveva convogliare la sua “libertà” creativa anche attraverso i canoni dell’orchestra. Ma Chopin (che si basava soprattutto sulle composizioni di Field) non era l’unico virtuoso a Parigi. L’ungherese Franz Liszt (1811-1886) per molti fu il pianista per eccellenza superiori a tutti: dotato di una tecnica esplosiva con facilità nel prendere persino le decime, si distingueva per un pianismo evolutivo, che metteva in risalto aggressività allo strumento e fantasia compositiva, fattori che gli permetteva di arrivare a soluzioni diverse ed eclettiche che per loro spettacolarità mandavano in visibilio il pubblico: utilizzando i prodromici esperimenti di Berlioz, mise definitivamente a punto il concetto del “symphonic poems”, cioè l’uso di temi natura letteraria da inserire nella composizione musicale, così come cercò di trasferire nel pentagramma del pianoforte il virtuosismo del violinista Paganini, ma l’opera pianistica è quanto di meglio si possa trovare nello strumento: virtuosismo di una difficoltà immane, sono veramente pochi oggi gli esecutori di Liszt che riescono a riprodurre quel binomio tra difficoltà d’esecuzione ed emotività della composizione; era una prerogativa che solo lui riusciva a soddisfare in pieno; ha scritto due meravigliosi concerti per piano con un terzo, il Totentanz che è stato aspramente criticato per i temi trattati.
L’unico che riuscì a rivaleggiare con Liszt fu l’austriaco Sigismund Thalberg (1812-1871), che diede vita al metodo “Biedermeierzeit”, un’applicazione estrema delle tecniche pianistiche del tempo, pienamente esplorato nel suo unico impareggiabile concerto in fa minore op. 5 del 1829.
I francesi, che assieme agli italiani erano più interessati allo sviluppo dell’opera lirica, non avevano ancora una classe di pianisti che fosse al livello di questi due artisti, tranne che per Charles Alkan (1813-1888) il cui concerto per pianoforte però non è allo stesso livello delle opere al pianoforte solista e Cesar Franck ricordato comunque per il concerto numero 2. L’Hyperion mette anche in forte evidenza l’operato di Henri Herz (1803-1888), di origini austriache ma naturalizzato e vissuto in Francia con i suoi otto concerti tra il 1828 e il 1873, un pianista molto dotato, melodico sebbene molto “chopiniano”.
Il romanticismo si espanse in tutt’Europa e sebbene in forme talvolta diverse anche il concerto per pianoforte seguiva questo processo di espansione territoriale in operazione di “riflesso” dell’asse franco-tedesco: in Inghilterra, i compositori virtuosi dell’epoca sono Sir Julius Benedict (1804-1885), Sir William Sterndale Bennett (1816-1875), Henry Charles Litolff (1818-1891), Walter McFarren (1826-1905), Francis Edward Bache (1833-1858) compositori tutti ben rappresentati nella collana con i loro piano concerto; tutti risentono musicalmente dell’influenza di Chopin e del sinfonismo di Berlioz, con lievi caratterizzazioni personali (ad. es. gli accenti barocchi di Litolff). Nei paesi scandinavi dopo Franz Berwald, che risentiva comunque dell’influsso europeo, ci fu il grande Edvard Grieg (1843-1907) che tra le altre opere lasciò in eredità anche un gran concerto per piano costruito sulla sua personalità artistica, in favore di trame che risentono della positività della prima generazione di romantici (una sorta di Peer Gynt trasmutato in concerto per pianoforte), con già al suo interno i semi del decadentismo.
Intorno al 1865-70 il romanticismo (nelle sue varianti artistiche) entra in crisi: ragioni storiche ed economiche decreteranno il suo fallimento e gli artisti entrano in una nuova era di sensibilità artistica: il decadentismo. Questo triste ripiegamento degli animi (anche musicali), influisce sul piano concerto, non tanto per le tecniche utilizzate (rimane sempre alta l’integrazione dello strumento con l’orchestra e i pianisti continuano ad usare in maniera mirabile scale e timbri), quanto per il “tono” delle composizioni che giocano tra stati di tensione, sprazzi di euforia melodica e “perdite di memoria” musicali (ci si muove tra strati nebbiosi con accelerazioni anche timbriche improvvise).
Il francese Camille Saint Saens (1835-1921), con i suoi cinque concerti dal 1858 al 1896 aderì a questa prima nuova caratterizzazione del romanticismo musicale, ma l’evoluzione del genere avviene anche in Germania per opera di Johannes Brahms (1833-1897), che nei suoi due concerti per piano si contraddistingue per l’uso personale della cromaticità in cui note ed accordi si accavallano fra di loro in contrasti timbrici sempre diversi, ora soffusamente dimessi, ora dolorosamente forti.Riguardo all’artista, vorrei riportare un pensiero di Michele Campanella, pianista italiano tra i migliori ripropositori del repertorio dei romantici ”…..se Liszt è il musicista del presente e dell’immagine, Chopin il cantore della lontananza e della leggerezza, Schumann l’uomo che più di ogni altro ha saputo esprimere l’immenso patrimonio di amore che aveva nel cuore, Brahms ci sembra così vicino perché tocca le corde della memoria, la sua ed insieme quella di ciascuno di noi. Egli ci ricorda con la sua arte ciò che non abbiamo più, ci fa percepire questa perdita, in un mondo dove Dio non appare nel cielo a consolare le nostre afflizioni…..
In Russia nacque uno dei più arditi pianisti dell’epopea romantica: Anton Rubinstein (1829-1894) che lascia in eredità 5 concerti per piano, poco più tardi ci proveranno anche alcuni elementi del gruppo dei cinque, ossia Mili Balakirev (1837-1910) e Nikolai Rimsky-Korsakov (1844-1908), ma sarà soprattutto Pyotr Tchaikovski (1840-1893) ad impressionare con il suo primo concerto.
Il romanticismo per piano conosce un forte apprezzamento anche in Boemia, grazie a continuatori dello strumento come Alexander Dreyschock (1818-1869), Eduard Napravnik (1839-1916) e Antonin Dvorak (1841-1904), mentre in Polonia positivo è il lavoro di Josef Wienawski (1837-1912) e Franz Xaver Scharwenka (1850-1924) attorno al 1870.
Vi faccio notare che è prossimo in uscita discografica il 51° volume della serie “Romantic Piano Concerto” che riporta alla luce i concerti di due compositori tedeschi meno conosciuti come Taubert (con il suo concerto del 1874) e Rosenhaim (che ne pubblicò uno nel 1840).

DISCOGRAFIA CONSIGLIATA:

The Romantic Piano Concerto, Vol. 03 – Mendelssohn Double Concertos
The Romantic Piano Concerto, Vol. 05 – Balakirev & Rimsky-Korsakov
The Romantic Piano Concerto, Vol. 07 – Alkan & Henselt
The Romantic Piano Concerto, Vol. 14 – Litolff Concertos Symphoniques 2 & 4
The Romantic Piano Concerto, Vol. 17 – Mendelssohn
The Romantic Piano Concerto, Vol. 21 – Dreyschock & Kullak
The Romantic Piano Concerto, Vol. 27 – Saint-Saëns
The Romantic Piano Concerto, Vol. 31 – Fuchs & Kiel
The Romantic Piano Concerto, Vol. 37 – Nápravník & Blumenfeld
The Romantic Piano Concerto, Vol. 38 – Rubinstein & Scharwenka
The Romantic Piano Concerto, Vol. 50 – Tchaikovsky
The Romantic Piano Concerto, Vol. 58 – Pixis & Thalberg
Tutti Hyperion Records

più

Chopin – Concerti per piano 1 & 2, Samson Francois, EMI, 1830
Liszt – Piano Concerto 1&2, Totentanz, Osawa, Deutsche grammoph., 1835, 1839,
Schumann – Piano Concerto, Argerich, EMI, 1845
Brahms –The piano concertos, Ashkenazy, Haitink, Decca, 1856, 1881
Grieg – Piano concerto in A minor, Derwinger, Bis, 1868
Dvorak –Piano Concerto, Knapp, Supraphone, 1876

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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.