Chet Baker plays and sings

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Controversa ed affascinante la figura di Chet Baker ha subito nel corso degli ultimi anni una continua rivalutazione d’immagine; non è questo il luogo per ricordare la sua vita direi “cinematografica”, in questo un po’ di informativa su internet potrà aiutarvi molto di più a conoscere il personaggio. La trasgressività dell’artista, rifiutata dopo la sua morte nel 1988, sembra essere oggi un motivo di riscoperta ed apprezzamento dell’uomo e della sua musica: invero, determinante è stata la circostanza di aver ricalcato la scena jazz nel momento giusto: intorno al 1950 Chet Baker esordiva nei quartetti californiani di Gerry Mulligan dando il suo contributo al nuovo filone creato da Miles Davis, quello del “cool jazz”, una sorta di risposta all’imperante be-bop di Gizzy Gillespie e Charlie Parker che in realtà altro non era che un “be-bop” rallentato, più rilassante con accenti meno marcati. E così come il trillo di Gillespie si adattava al genere da lui inventato, la tromba lirica di Baker si inseriva nelle novità di mezzo secolo. Chet Baker usava la stessa tromba di Miles Davis, la Martin Committee, ma mentre Miles aveva un suono più tecnico, Chet era tutto sentimento e malinconia. A causa dei noti problemi di droga Chet subito si separò da Mulligan e cominciò il suo percorso musicale formando altri gruppi ugualmente di valore; anzi liberandosi dal suo partner sviluppò il lato sensibile della sua personalità ed incominciò ad esteriorizzarlo anche attraverso la voce. I suoi dischi dal 1953 al 1959 per la Pacific Records sono ormai dei “must” per tutti gli appassionati di jazz e propongono il miglior Baker, quello più originale ed influente, in possesso di un fraseggio alla tromba unico ed una voce particolarissima, evocativa, esile, intrisa di malinconia, una specie di equivalente della sua tromba: si va da “Chet Baker sings” e “Grey December” entrambi del 1953, in cui Baker si cimenta con molti noti standards e con le composizioni di Jack Montrose, all’ensemble di una band di 11 elementi in cui partecipano Art Pepper, Phil Urso, Bobby Timmons (”Chet Baker big band”); Baker lavora sempre con grandi nomi in sestetto, frequenti sono le collaborazioni con Russ Freeman e poi soprattutto cavalca l’ondata cool californiana con i Crew e con il quartetto di “Latin Plaboys”.
La sua carriera intanto comincia a subire le scosse delle sue vicissitudini personali e i suoi lavori, pur non perdendo i connotati primordiali, cominciano ad essere sproporzionati in volume e spesso di bassa qualità. Purtroppo l’unico difetto che ancora oggi gli si può oggettivamente far pesare è stato la mancanza quasi assoluta di brani autografi: Baker improvvisava solo su brani di altri autori, perciò non meraviglia che già a partire dagli anni sessanta il repertorio viene continuamente riproposto e i nuovi episodi arrivano dalle “conoscenze” musicali che Chet faceva con amici e collaboratori (vedi nell’ultimo periodo di vita lo stretto legame con Nicola Stilo)
Un grande interprete, dunque, di quelli “immediatamente riconoscibili”.

Discografia consigliata:

Premesso che questa è sterminata, e ciò è dovuto al fatto che Chet faceva dischi spesso solo per incamerare denaro, vi propongo comunque di partire dalle pubblicazioni discografiche fatte con Mulligan che pur essendo spesso canoniche, danno l’idea di cosa suonasse Baker ai suoi esordi:
The Best of Gerry Mulligan quartet with Chet Baker, Gerry Mulligan quartet, Pacific Jazz, registrazioni risalenti al 1953.
Indispensabile per il periodo che va dal 1953 al 1959 è l’antologico
-“The best of Chet Baker sings”, Pacific Jazz, che raccoglie le migliori versioni anche di brani usciti sotto forma di singoli o per altre case discografiche.
Sempre del periodo Pacific Jazz Records, vi segnalo anche questi albums che evitano parecchie sovrapposizioni:
Grey December, 1953
Chet Baker Big band, 1954
Chet Baker Sextet, 1955
Chet Baker & Crew, 1956
Playboys, 1956
Tra i migliori live invece vi segnalo:
The incredibile Chet Baker plays and sings, Ans 1977
At Capolinea, Red Distribution, 1983
Chet Baker in Tokio, Evidence 1987

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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.