Tra i chitarristi più originali dell’ultimo ventennio senza dubbio Bill Frisell, classe 1951, americano di Baltimora, riveste una posizione importante nella musica jazz e contemporanea; colgo l’occasione di fare un suo breve profilo dopo aver ascoltato il live (piuttosto estemporaneo) uscito qualche settimana fa per la Savoy Jazz, primo dell’artista per quell’etichetta discografica. Frisell può considerarsi uno dei questi musicisti che senza voler dare l’impressione di voler essere avanguardista a tutti i costi, è riuscito ad esserlo comunque grazie alla sua formula musicale: partito musicalmente da una segnalazione di Metheny alla ECM Records fatta per sostituire un altro chitarrista, Frisell ha da subito impressionato per la qualità e soprattutto l’originalità della proposta avanzata. Facendo uso di una chitarra con un collo flessibile scoprì che poteva dare alle note ed agli accordi una lunghezza ed un timbro diverso che regalava una sensazione di leggera dissonanza, a cui poi l’artista aggiunse particolari effetti di riverbero. Bill, in questo modo, creò un suono “riconoscibilissimo” che aveva del jazz lo spirito e la tecnica di utilizzo dello strumento (Jim Hall soprattutto) e del rock la ritmica imponente, ed era il modo con cui tendeva ad esprimere le situazioni musicali indagate: in tutta la sua carriera Frisell, che è stato sempre circondato dalla crema degli artisti jazz, ha condensato nello stesso ambito le istanze di base della sua musica (una “fusion” di classe) con il patrimonio musicale primordiale della sua terra d’America, facendo attenzione a scavare nel passato e a non riproporre situazioni probabilmente abusate da altri musicisti, cogliendo attraverso la sua musica l’aspetto “cinematografico” degli eventi: sia che si trattasse dei film “muti”, o che si trattasse delle radici country e blues del suo paese, o che si trattasse di marcette o rag degli inizi di secolo passato, Frisell è quasi sempre riuscito a fornire un’immagine positiva, quasi onirica delle tematiche affrontate, evitando il pericolo di un possibile “congelamento” emotivo che poteva scaturire da un’osservazione tranquilla e distaccata degli eventi.
La sua musica è stata spesso oggetto di discussione critica: molti critici sono sempre stati scettici sull’importanza delle sonorità fornite dall’artista, in quanto in definitiva Frisell non avrebbe inventato nulla, anzi avrebbe aperto la strada ad una specie di non-jazz, perché se era vero che lo spirito dei Charlie Parker o John Coltrane era presente, era anche vero che la musica proposta aveva proprio poco da spartire con il jazz almeno formalmente (tant’è vero che soprattutto nel decennio iniziale della sua carriera venne paragonato ad un Ry Cooder più riflessivo): penso che queste tesi siano da rivedere anche alla luce di quello che l’artista americano ha lasciato ai posteri, e non solo per i tanti nuovi artisti che in maniera evidente spesso si rifanno al suo caratteristico suono, ma anche per la voglia del musicista di cercare di creare un punto di contatto con gli altri strumenti d’appoggio (vedi il lavoro di ricerca dell'”unisono”svolto sul violino o sul sassofono) e con altri generi (vedi tra le altre, le combinazioni con la wordl music nel recente “History Mystery”): lo scopo è sempre quello di creare un meraviglioso sound di assieme per ricreare una dimensione narrativa delle vicende musicali. In questo senso sarà più importante lui che tanti sperimentatori che alla fine si sono dimostrati evanescenti e non hanno saputo creare quell’idea vincente di Bill.
Discografia consigliata:
-In line, ECM 1982
-Rambler, ECM 1984
-Lookout for hope, ECM 1987
-Before we were born, Elektra 1988
-Is that you?, Elektra 1989
-Where in the world?, Elektra 1991
-This land, Elektra 1992
-Go west: Music for the films of Buster Keaton, Elektra 1995
-Nashville, Elektra 1995
-Gone just like train, Nonesuch 1998
-Good dog happy man, Nonesuch 1999
-Ghost town, Nonesuch 2000
-Blues dream, Elektra 2001
-Hystory Mistery, Nonesuch 2008
-Disfarmer, Nonesuch 2009