Sebbene non si potessero considerare i migliori del lotto, gli Screaming Trees si ponevano comunque in linea con la produzione del genere in quel periodo. A differenza degli altri gruppi succitati, che già nelle pareti della loro “cantina” mostravano una maturità invidiabile, gli Screaming Trees furono più “normalizzati” nella loro riproposizione di musica garage, psichedelia anni sessanta e punk e per questo rimasero più defilati rispetto al resto della flotta artistica dell’SST. Divennero maturi solo con il cambio di etichetta, quando decisero di elevare professionalmente il loro sound: i migliori episodi vennero infatti prima del loro scioglimento. Mark Lanegan quasi contemporaneamente iniziò la sua carriera solistica: una vera sorpresa se paragonata alle cose fatte con il gruppo che, specie nel periodo SST, non sembrava mostrare un leader con quelle capacità di scrittura e vocali: non solo Lanegan affinò il suono più duro della band, ma cercò una trasposizione personale verso la scrittura dei cosiddetti poeti dannati del rock: da Tim Buckley a Tom Waits, da Nick Drake a Leonard Cohen; Lanegan era in possesso anche di una voce cavernosa, che ben si adattava al profilo dei testi irrimediabilmente tristi e pessimistici.
Il suo secondo album “Whiskey for the holy ghost” uscito nel ’94 faceva il paio con “Grace” di Jeff Buckley e non aveva realmente nulla in meno dal punto di vista musicale: trame musicali complesse ma affascinanti, da interiorizzare lentamente con gli ascolti. Questo tipo di avventura artistica venne gratificata anche dal successo commerciale di “Scraps at midnight” (che involontariamente riportò alla ribalta anche il suo vecchio gruppo) e confermata da “Field songs”. Poi Lanegan si è dedicato alle collaborazioni ed in particolare a quelle con Isobel Campbell, l’ex violinista e cantante dei Belle e Sebastian, con episodi discografici che sono più frutto della scrittura della Campbell (comunque non sempre all’altezza), alternando queste uscite discografiche con le sue prove individuali, un riflesso straniante di ritorno alle sonorità del periodo artistico degli Screaming Trees, unito ad un senso del blues di tipo Waitsiano: una “normalità” musicale che certamente non depone a favore del periodo artisticamente più fecondo dell’artista americano.
Discografica consigliata:
-Screaming Trees Anthology: SST Years 1985-89, 1991 SST
-Sweet Oblivion, Epic 1992
-Dust, Sony 1996
-Winding Sheet, Subpop 1990
-Whiskey for the holy ghost, Sub Pop 1993
-Field songs, Subpop 2001