Stephan Micus e la musica etnica da camera

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Henry Cowell fu il primo sostenitore della cosiddetta “World music” intesa come musica etnica, cioè tradizioni musicali dei popoli e, come detto più volte, fu lui ad organizzare un nuovo modo di comporre agli inizi del novecento. Le accresciute possibilità dei trasporti in quegli anni consentirono agli artisti di viaggiare velocemente in tutto il mondo e di studiare ed apprendere le culture musicali locali, fatto che permise a Cowell (e a tanti compositori dopo di lui) di comporre racchiudendo spesso all’interno delle proprie composizioni elementi musicali di quei paesi, pur comunque restando vincolato all’interno di uno schema di stampo classico (in tal senso sarebbe bene ascoltare un cd indispensabile di Cowell pubblicato dalla Koch R., dal titolo “Persian Set”). Ma anche gli artisti orientali ricambiarono culturalmente le visite, apprendendo le tecniche degli occidentali e creando nuove composizioni ancora rispettose dell’idioma classico occidentale.

Dopo la seconda guerra mondiale e in particolare modo negli anni sessanta, si assistette all’espansione di nuovi generi come il rock e all’approfondimento di quelli già in essere (il jazz soprattutto); i musicisti cominciarono non solo ad appropriarsi delle tematiche esistenti oltre i loro confini, ma ne diventarono parte in causa; ne presero gli usi, alcune volte i costumi, con piena corrispondenza di idee e di proiezione nella loro musica: si creò una situazione in cui i musicisti jazz e rock “infettavano” le loro musiche in maniera diversa da quelli dei compositori della musica colta: qui l’integrazione era nettamente a favore delle nuove tradizioni raggiunte, soprattutto quell’Oriente che ben si sposava ad accogliere le innovazioni musicali ormai stimolate da tutti i generi musicali esistenti. Se nella musica classica furono i minimalisti ad accogliere questo spostamento di ottica creando le premesse per uno scollamento della cultura contemporanea (basti pensare per es. a La Monte Young e ai suoi collegamenti nel sud est asiatico), nel jazz e nel rock questo processo fu evidente negli esperimenti di Coltrane, Cherry e di molte band “psichedeliche” e tra queste ultime senza dubbio vanno annoverate le pubblicazioni discografiche di gruppi dimenticati come i Kaleidoscope e soprattutto dei seminali Third Ear Band, misconosciuto gruppo inglese che nel 1969 con “Alchemy” e “Third Ear Band” propose un suono pluricomposto, ispirato dai raga indiani e dal folk celtico, con utilizzo di strumenti tipici affiancati a violini e violoncelli: di fatto si creò il primo reale esperimento di musica “world” da camera. Il movimento new age mostrò una forte attitudine dei musicisti verso i panorami sonori dell’Oriente, qualcosa in grado di calare un’investitura sulla meditazione oltre che sulla musica, ma la new age non era nemmeno fenomeno totalmente relegato verso le culture orientali (in tal senso la folkloristica world da camera dei Penguin Cafè Orchestra ne è un esempio). Ad un certo punto, le tradizioni locali divennero la forza preziosa da preservare e Manfred Eicher, il boss della Ecm Records, si fece subito carico di svilupparlo presso la sua etichetta discografica: in ossequio ai nobili principi delle interposizioni culturali, Eicher diede subito spazio a personaggi come il tunisino Anouer Brahem, all’argentino Dino Saluzzi, all’orientalizzato Stephen Micus; questi tre artisti, ciascuno esempio delle tre grandi macroaree etniche del globo, corroboravano la nuova sensibilità musicale, una “world” music affiancata all’austerità di violini in versione da camera, con connubi efficaci e differenziati a seconda della provenienza geografica.

Nel caso di Micus tutto si prestava ampiamente alla meditazione e alle attitudini rilassate mutuate dalla new age. La vicenda di Micus ha una valenza tutta particolare poiché da sempre è stato un cultore dei suoni provenienti dagli strumenti di mezzo mondo (Giappone, Cina, India, Indonesia, Egitto, Nepal, Armenia, Irlanda, Carabi, etc.) e talvolta delle sperimentazioni sonore su oggetti (vasi di fiori e pezzi di granito raccordati); il suo era un modo alquanto personale di affrontare la materia poiché non partiva da una zona geografica ben precisa bensì dagli strumenti utilizzati di quelle zone ed in tal modo aveva trovato una formula magica ed acustica per poter congiungere agenti culturali diversi nella stessa “inquadratura” musicale.
Micus, che esordisce con la Ecm nel 77 con “Implosions”, album dove il lungo iniziale esercizio di fusione tra chitarra e sitar in “As i crossed a bridge of dreams” è certamente il suo migliore biglietto da visita; il musicista comincerà a prendere quota a partire da “Wings over water” nell’81, grazie ad un più acuto e consapevole uso della strumentazione, raggiungendo sovente vertici tecnici ed emotivi grazie all’amalgama di questa primitiva elargizione di spunti etnici da una parte e di sobri, profondi arrangiamenti musicali dall’altra, con il reale merito di riuscire a trasferire ai suoi ascoltatori quella sensazione di calma salmodica e di benessere interiore che è la prerogativa del suo stile. Affascina di lui la capacità di far librare i suoni e di dargli un’anima; i suoi albums sono la risultante di una prevalenza che qualche volta privilegia i suoni usati allo stato puro in maniera ancestrale (specie i primi dischi), altre volte quelli legati al sound di una chitarra o di una arpa (Implosions, Listen to the rain, Towards the wind) o uniti ad una composizione di archi in stile classico (Wings over water, To the evening child, On the wing) oppure quasi totalmente mistici con l’utilizzo della sua voce che canta in persiano (Ocean, Desert poems).

Discografia consigliata:-Implosions, 1977
-Wings over water, 1981
-Listen to the rain, 1983
-Ocean, 1986
-Twilight fields, 1987
-To the evening child, 1992
-Towards the wind, 2002
-On the wing, 2006
Tutti per la ECM Records.

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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.