Tutti i cultori della materia sono d’accordo nel ritenere che il minimalismo europeo si svolse con altre caratteristiche rispetto a quello americano: due erano in particolare gli aspetti sui quali veniva acclarata la diversità; il primo riguardava la mancanza dell’ascetismo spirituale orientale che guidava invece gran parte della sperimentazione statunitense, mentre il secondo aveva a che fare con il ruolo storico che la musica occidentale aveva avuto fino all’avvento dei teorici seriali provenienti dalla Germania. Il minimalismo in Europa ebbe la sua migliore e più intensa espressione in Gran Bretagna, favorita dalla nascita di notevoli talenti che, di lì a poco, avrebbero fatto sentire il loro peso negli ambienti musicali colti e non: favoriti dalla sperimentazione portata avanti da Cornelius Cardew, dai componenti della Stratch Orchestra e più in generale da una dimensione innovativa che comunque prendeva spunto dalle avanguardie di Cage e soci (al riguardo è realmente esplicativo il libro di Nyman “Experimental Music: Cage and beyond”, nella parte dedicata alle influenze subìte dagli artisti britannici), alcuni inglesi ebbero l’intuizione, prendendo spunto dall’esperienza di Riley, Reich, Glass, etc., di fornire un aggiornamento delle teorie minimaliste che non fosse troppo àncorato a rigidi schemi concettuali, il tentativo di dare nuova linfa all’abusato mondo musicale occidentale classico: la ripetizione e gli altri aspetti teorici della corrente minimalista americana non dovevano essere vincolanti per il processo di composizione e soprattutto era più opportuno rimarcare quello che i veri protagonisti della cultura classica occidentale avevano consegnato all’umanità. Quello che sembrava un’operazione di forma in realtà aveva anche una intriseca finalità: essa fu ben congegnata, poichè si presentava nuova, sempre piuttosto legata alla tonalità e soprattutto capace di migliorare quella carica “emotiva” che spesso univa la composizione al tema da raggiungere. Michael Nyman fu uno dei primi a mettere in pratica questa mini rivoluzione negli ambienti classici, diventando il factotum delle colonne sonore di mezzo cinema che conta, riproponendo, grazie ad uso equilibrato e reiterativo degli archi, quello strato “nostalgico” che la musica classica aveva sempre avuto in corpo per esprimere le situazioni umane più difficili o anche quelle più drammatiche. Ma quest’ultimo non fu solo nell’operazione: tra gli inglesi si distinsero anche Howard Skempton, Gavin Bryars, John Tilbury, Christopher Hobbs. E ciascuno di essi faceva parte di un nuovo gruppo di sperimentazione che tendeva alla costruzione di un nuovo sistema sonoro: perciò gli stessi costituivano sviluppo delle forme musicali “americane” e al tempo stesso nuovi tasselli di un mosaico sonoro che comprendeva al suo interno anche gli elementi tipici del sistema britannico, dove ogni compositore era pronto a rubare qualche idea/partitura del passato. A proposito di questa nuova attitudine musicale, Hobbs diceva…”molti dei miei brani sono basati su materiale di altri compositori…non penso che questo sia un fatto da parassita: dopo tutto, la musica non ha un’anima…una parte del materiale l’ho trovato inutile per le mie proposte: la musica di Mozart, Wagner, Bartok per esempio e tutta la “nuova” musica. Genericamente sono gli uomini che in sordina hanno scritto grande musica che mi restituiscono il maggior gradimento; John Bull, Scriabin, e Billy Mayerl hanno costruito realmente il loro tempo”.
Skempton divenne noto negli ambienti del minimalismo con “Lento”, un lungo brano da adagio violinistico, che venne salutato come una delle migliori riproposizioni che il movimento inglese aveva immesso nella notazione minimale. Gavin Bryars, dopo aver masticato improvvisazione con Bailey ed Oxley di Joseph Holbrooke ’98, venne invece alla ribalta con l’episodio discografico di “First Hommage”, bozzetti con piano in evidenza che davano la sensazione di trovarsi di fronte ad un nuovo impressionismo fatto di reiterazioni: quegli arpeggi al piano furono una delle cose più importanti ed originali che l’artista potesse realizzare, tanto simili e allo stesso tanto diverse rispetto alla massa dei compositori/pianisti dell’epoca; inoltre unico era l’abbinamento dello strumento al vibrafono. Bryars ha avuto molti riconoscimenti per il lavoro svolto, alla ricerca di una forma di espressione “spoglia” e “decadente”, ma spesso molte sue composizioni nascondevano un vuoto d’intensità emotiva, presentando solo un suono elegiaco ma difficile da distillare; il Bryars ispirato è quello dei concerti per violino, di alcune composizioni orchestrali e soprattutto delle prove al piano, solistiche o in orchestra, che si annoverano tra gli episodi migliori dell’intero minimalismo europeo. In tal senso, l’ultima pubblicazione della Naxos “The Solway Canal” ne fornisce una splendida esemplificazione.
Il movimento inglese si propagò in tutta Europa, sia al nord (nei paesi anglossasoni, ma anche quelli che si affacciavano sul Baltico) che al sud (Francia e Italia), sebbene i compositori europei avessero ormai un doppio ventaglio di scelte: la modernità minimale americana o quella tesa al recupero di matrice europea; spesso accadeva che gli stessi facessero incursioni in una o nell’ altra forma: si pensi ad Andriessen e Simeon Ten Holt in Olanda, Giovanni Sollima e Piero Milesi in Italia. Una più accondiscendente forma di minimalismo (nel tempo chiaramente abusata) fu quella proposta dal belga Wim Mertens, musicista nettamente rivolto a forme di compenetrazione tra classica e new-age. Ma quegli anni, in generale, formarono un nuovo gusto musicale per l’Europa, poichè sia si parlasse di new age, sia si parlasse di ambient music (le teorie minimaliste portate alla loro estrema conseguenza producevano come risultato Brian Eno), la musica contemporanea aveva estremamente bisogno di riappropiarsi di uno stato “emotivo” che aveva perso, strada facendo, con le sperimentazioni senz’anima.
Discografia consigliata: (solo Gran Bretagna)
Gavin Bryars:
-Sinking of the Titanic/Jesus blood never failed me yet, Obscure 1976
-Hommages, Les Disques du Crepuscule, 1982
-After the Requiem, ECM 1991
-Three string quartets, Blackbox, 2002
-I Have Heard It Said That A Spirit Enters, Naxos 2003
Michael Nyman:
-The Kiss and Other Movements (1985)
-Drowning by Numbers (soundtrack, 1987)
-The Piano (soundtrack, Virgin, 1993)
Howard Skempton:
-Lento, Nmc 1992
-Piano Works, John Tilbury, 2002
Christopher Hobbs:
-Aran, McCrimmon will never return, Eg 1975
John White:
-Piano Sonatas, Nmc 1997