Henry Cowell fu il primo compositore classico ad istituire un corso di formazione a S. Francisco nel 1935, chiamato “Music of the peoples of the world”, in cui dimostrava che qualsiasi tradizione musicale poneva l’accento essenzialmente sui fattori melodia e ritmo ed incoraggiava i suoi allievi ad allargare il raggio d’azione della sua ricerca per cercare nuovi connubi possibili oltre a quelli da lui già sperimentati. Tra gli allievi del suo corso colui che, forse, ne venne maggiormente influenzato fu Lou Harrison: nato con una predisposizione naturale per accogliere i suoni delle percussioni, cercò di donargli una nuova voce (assieme a John Cage), anche in rapporto al contesto orchestrale, e seppe mediare gli insegnamenti serialisti di matrice europea con quelli americani tipicamente d’avanguardia: in tal senso deporranno le sue sinfonie che mostreranno il suo originale stile: servendosi basicalmente della melodia romantica, ne costituì una sua accezione più moderna che inglobasse elementi di quella tipica “stranezza”riferita alla tecnica dodecafonica, implementando all’ interno della composizione, anche tutte le sue influenze “orientalizzate”; così facendo riuscì allo stesso tempo ad applicare i principi di Cowell (ponendo l’accento sull’integrazione tra la melodia e la ritmicità) ed avere uno proprio status compositivo. Harrison diventò uno dei maggiori artefici dello sviluppo del “gamelan” dell’Isola di Java o del Bali, in questo coadiuvato nella ricerca dall’inseparabile compositore William Colvig e dalla sperimentazione effettuata qualche anno prima dal canadese Colin McPhee: il “gamelan” era un affascinante “complesso” di percussioni orientali che comprendeva tutta una serie di strumenti percussivi (metallofoni, xilofoni, tamburi, gong, etc., nonchè voci in tema) che grazie alla ricerca di Harrison venne importato in America ed in altre parti del mondo. La sua scoperta è rapporto di causa-effetto con l’utilizzo della microtonalità, che Harrison aveva già paventato nella sinfonia n. 3 di Ives, nonchè in una serie di lavori alle percussioni, ed aveva intuito che microtonalità e “gamelan” potevano essere oggetto di composizione musicale costruite in “simbiosi”. E’ a lui che si devono i primi esperimenti musicali di tack piano, ossia un piano modificato con l’inserimento di chiodini nei martelletti interni, ma è indubbio che al di là dell’uso di tecniche estensive degli strumenti, Harrison usasse proprio un’impostazione diversa nell’accordatura degli stessi suonando spesso in “just intonation”. Comunque sia, Harrison è un punto fondamentale della musica classica del novecento per più motivi:
1) per l’elaborazione di uno stile che dopo anni di incontrastato dominio della serialità si riportava in àmbiti musicali che erano diretta conseguenza dell’era tardo-romantica (in tal senso mi riferisco soprattutto alle opere di Charles Ives, con cui collaborò anche fattivamente): la melodicità quasi “avantgarde” della sua composizione veniva spesso infettata dal quel rapporto di amore verso le percussioni ed in particolare quelle orientali del gamelan.
2) assieme a Hovhaness, Ezra Laderman, Ned Rorem, John Corigliano, E.T. Zwilich, etc., è stato uno splendido “continuatore” della tradizione sinfonica americana, ridando lustro ad un settore della musica classica che era in notevole difficoltà di contenuti: infatti negli anni ottanta-novanta la sinfonia sembra essere un fatto solo del nord Europa, mentre in America le vere novità vengono solo dal minimalismo di Adams e Glass.
3) così come molti altri compositori, Harrison ha personalizzato la sua musica, ed offerto spesso elementi di compromesso stilistico anche in territori meno affini come il jazz: il concerto per piano dedicato a Jarrett e da lui eseguito o le elucubrazioni di Al Jaurreau nella quarta sinfonia, sono la dimostrazione di quanto aperta e vasta fosse la sua preparazione.
Quando oggi si sente parlare di “world” music, specie se inserita in una composizione classica, è impensabile non riferirsi a Harrison, poichè nonostante possa essere inquadrato in un’ambito geografico ben definito, costituisce territorio in origine “vergine” su cui si sono incrociati teorie e tradizioni diverse, un punto di partenza da cui far partire nuove idee, con la constatazione di averle fatte funzionare bene in percorsi compositivi ben realizzati, con un livello di sperimentazione che se in apparenza sembra “leggero”, in realtà è teso ad una più radiosa fruizione di quello che si ascolta.
Discografia consigliata:
Percussions Side:
-La Koro Sutra, American Gamelan Chorus, John Bergamo, American Gamelan and Berkeley Chorus, New Albion Records
-Chamber and Gamelan Works, New Wordl Records
-Lou Harrison: Scenes from Cavafy – Music for Gamelan
Simphonic Side:
-Symphony on G, Royal Philarmonic O., Gerard Samuel, Composers Recordings
-Symphony No. 2, Elegiac,Dennis Russell Davies, American Composers Orchestra and Keith Jarrett, Nimbus R.
-Third Symphony, Dennis Russell Davies, Music Masters J.
-Symphony no. 4, California Symphony, Phoenix Usa (in cui trovate anche “Double Music” con Cage)
Concert Side:
-Lou Harrison: Concerto for Violin and Percussion Orchestra; Concerto for Organ with Percussion Orchestra, William Kraft, Los Angeles Percussion Ensemble and David Craighead, Crystal R.
-Harrison, Piano Concerto/Suite for Violin, Piano and Small Orchestra, Naoto Otomo, Robert G. Hughes, New Japan Philharmonic Orchestra and Aleck Kari, New World Records