Da qualche mese ho l’onore di avere tra i miei lettori il pianista Nobu Stowe; la nostra amicizia epistolare, nata dal comune intento di promuovere musica che abbia anche uno sfondo culturale, si è estrinsecata anche in reciproci scambi di opinioni, di valutazioni e segnalazioni: tra quest’ultime, Nobu mi dà spunto per presentare l’ultimo lavoro di Andrea Centazzo (vedi miei post precedenti) in cui partecipa al piano. “Moon in winter” si colloca nella scia dell’ultimo, misterioso, affascinante Centazzo del decennio, che si affida sempre più ad una formula musicale dove importanti sono le “colorazioni” che le percussioni donano all’insieme. Come in un quadro dove spesso i colori ne costituiscono le particolarità e sono i riempitivi di un immagine di base, così nella sua musica Centazzo ha cercato di riempire, tramite il gioco percussivo, spazi musicali costruiti su quanto di meglio si potesse attingere dalle relazioni tra musica colta e jazz contemporaneo, senza disdegnare i suoi peculiari riferimenti al percussionismo giapponese. In “Moon in Winter” sembra preziosa l’attività del trombonista Dave Ballou (che mostra intenti progettuali molto vicini alla filosofia di Centazzo), e il notevole contributo al sax dato da Achille Succi (improvvisatore di Modena, classe 1971, che ha trascorsi collaborativi con Louis Sclavis, Uri Caine e Pierre Dorge). Entrambi hanno il compito di assecondare gli orizzonti sonori del percussionista di Los Angeles. L’inserimento del contrabbasso di Daniel Barbiero, poi, dispiega quegli effetti “da camera” voluti nel progetto, mentre Stowe svolge quel ruolo necessario e difficile di raccordo tra l'”inclinazione” jazzistica occidentale e quella quasi mistica di derivazione “asiatica”. Lo stile è sempre personale e chiaramente spesso sbilanciato verso soluzioni “orientalizzate”, che forniscono quella vitalità necessaria per evitare cadute di interesse e presentano quel fascino discreto che è spesso espressione di una più profonda preparazione di base dei musicisti. Centazzo, d’altronde, non ha mai nascosto tra le sue influenze quella del percussionista giapponese Masahiko Togashi, il cui “Rings” sembra sia stata una delle sue fonti d’ispirazione (come mi è stato confermato da Nobu S.). Il Centazzo post esperienze multimediali, dimostra come è ancora possibile elaborare un suono ampio e colto nel suo insieme, capace di generare anche nell’ambito del jazz più avanguardistico (free) aspetti “atmosferici” al pari di qualsiasi altro genere che dell’atmosfera ne fa una ragione stilistica.