Molto spesso l’ascoltatore (anche quello evoluto) di fronte a composizioni imparentate con la modernità classica e con le avanguardie jazz, perde il punto della situazione e le regole che sovraintendono ad un buon approccio all’ascolto e questo fattore non gli permette di estrapolare un buon giudizio da quello che sente. Gli incroci tra improvvisazione jazz e classica moderna sono uno di quei talismani a cui spesso solo un numero ristretto di persone può accedere, ma che produce significativi avanzamenti culturali qualora le interazioni tra musicisti riescono a donare quell’emotività che spesso si fa fatica a trovare in operazioni “moderne”. Spesso ci troviamo di fronte ad esperimenti (sia dal lato compositivo che su quello improvvisativo) che debbono rincorrere una chiave di volta: nell’area newyorchese sono molti i musicisti che sono attivi sia nel campo della strumentalità più estesa, sia in quello della ricerca elettronica: al riguardo, basterebbe sintonizzarsi sul sito di “District of noise”, un portale audio-video che documenta un certo tipo di musica sperimentale fatta a Washington.
Ma quello che mi preme presentare sono quelle aggregazioni di valore di cui manca una adeguata diffusione. Il sassofonista Perry Conticchio (una figura sconosciuta ai più) e il vibrafonista Rich O’Meara, coadiuvati dal contrabbassista Daniel Barbiero hanno dato vita al trio “Colla Parte” che mirabilmente bazzica i territori che si trovano tra jazz e arte contemporanea, una sorta di improvvisazione free jazz inserita in una forma di musica da camera. “Fields/Figures” utilizza le combinazioni di colore per dar vita ad un flusso musicale costante che si basa sull’insieme dei contributi singoli dei partecipanti: qui potete respirare realmente l’arte, assaporarla come in una galleria, poichè tanta è la perizia mostrata dal trio e correrete il rischio di innamorarvene. Mi trovo di fronte ad un lavoro e a dei musicisti che avrebbero dovuto avere ben altra audience. Perry Conticchio, un sassofonista/flautista stabilizzatosi sul palcoscenico jazz newyorchese dei settanta, sviluppa (direi in forma definitiva) il suo singolare jazz fatto di introversione ed intensità, in un contesto diverso dai più convenzionali quartetti da lui organizzati; Rich O’Meara, apprezzato suonatore di vibrafono e marimba e collaboratore della Silent Orchestra (un ensemble costruito ad hoc per suonare nei festivals d’arte, musei o teatri), crea quella tensione misteriosa e riflessiva di contrasto; mentre Daniel Barbiero costruisce attorno un perfetto contrappunto classico-moderno: particolarmente attivo (ha suonato nell’ultimo disco di Centazzo (vedi rec.), nonchè assieme agli Improvisers Collective di Washington DC, con Greg Osby special guest, sul live at Warehouse), Daniel lavora su più progetti, alcuni più canonici, altri realmente inediti, ma mantenendo comunque quel tocco “sperimentale” e di legame fra forme jazz e classiche, che è prerogativa dei contrabbassisti più preparati della scena americana.
Quindi “Fields/figures” merita assolutamente di essere scoperto: per questo, modernissimo lavoro, il cd è disponibile sul sito di Conticchio, http://www.perryconticchio. com/cds.htm.