Okkyung Lee: Noisy Love songs

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Okkyung Lee at moers festival 2006 own photo 2006 June 02 photo: nomo/michael hoefner - licence Creative Commons Attribution - Partage dans les Mêmes Conditions 2.5 Générique
Oggi è difficile trovare originalità nell’ambito del jazz, e certamente il violoncello è uno degli strumenti che più soffre della necessità di rivolgersi al passato. Quando poi si passa alla musica classica e in particolare a quella moderna la caratterizzazione diviene ancora più difficile: la coreana Okkyung Lee sta provando a sorpassare il problema unendo alla formazione strumentale una forte componente nella partitura: scoperta da Zorn nell’ambito delle sue proposte orientali, la Lee fa parte di quelle compositrici che inglobano all’interno della loro musica tutte le loro influenze in maniera sintetica: l’austerità classica, le influenze di quella coreana, la passione per gli impasti timbrici, le interazioni con l’elettronica, l’improvvisazione jazz. Okkyung Lee viene recensita in quasi tutti i magazine di jazz, ma qui il jazz è in pillole quasi invisibili: più che di jazz, dovremmo parlare di aspetti che l’avvicinano a quel puzzle di modernità che è proprio della fase di multistilismo che la musica attuale sta attraversando e il rischio potrebbe essere quello di trovarsi di fronte ad esperimenti già acclarati, a versioni di pregevole anonimato o magari anche ad insopportabili incursioni nel rumore fine a sè stesso; nonostante il nuovo lavoro parli di “canzoni rumorose”, Okkyung Lee non è nulla di questo: suona benissimo il suo strumento con una splendida condivisione con i partners, ma soprattutto è una vera compositrice, a tratti irresistibile, che sfoggia accanto al consapevole incrocio tra classica moderna e improvvisazione free jazz, una sapienza nella costruzione che gli permette di emergere dalla media: se la collaborazione con Peter Evans e Steve Beresford in “Check for monsters” è probabilmente l’unica testimonianza dei suoi respiri jazzistici, i due albums pubblicati dalla Tzadik rappresentano il suo status musicale: “Noisy love songs” inizia dove era terminato “Nihm” alzando ancor di più il tiro verso una più calzante comunicazione sonora: la sua musica è vissuta, misteriosa e a tratti inquietante, ma possiede quegli elementi che la rendono peculiare: quando la musicista riesce a definire ancor meglio i suoi tratti stilistici, ordinando nello stesso brano orientalità, ricerca timbrica e slancio strumentale, dà vita a dei meravigliosi passaggi sonori (vedi “One hundred years old rain” o “Bodies“) e in questo tentativo l’ensemble dei musicisti al suo fianco gioca un fondamentale risultato di squadra unita allo scopo (notevole il lavoro di Cornelius Dufallo al violino, Satoshi Takeishi alle percussioni e Craig Taborn al piano, ma utile anche quello di Evans e Tordini).
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.