Sinikka Langeland appartiene ad una minoranza norvegese (quella di Finnskogen) invasa dai boschi, dalla magica foresta finnica e dalle tradizioni. Se questi aspetti sono fondamentali per definire spesso il suono nordico, ve ne un’altro meno battuto, ossia l’aspetto poetico inserito in un canto folk. Dopo anni di studi classici, in cui la Langeland ha sviluppato un forte senso di rispetto per le scoperte barocche, il suo senso di appartenenza al territorio ha modellato il carattere musicale: è una musicista unica, con un canto personale, evocatrice di situazioni antiche cinquecentesche; con uno strumento da lei creato, il kantele, una ridimensionata specie di arpa da tavolo e la passione per la letteratura nordica moderna che le fornisce la materia testuale; inoltre coltiva l’arte dell’improvvisazione grazie all’apporto di un jazzista come Anders Jormin, con lei sin dalle prime registrazioni e concerti. L’ECM l’ha accolta solo nel 2007, dandole la facoltà di incidere una sua prima raccolta di brani, per la maggior parte già editi, ma che per la prima volta ricevevano un arrangiamento arrichito evidentemente dall’apporto del jazz: Sinikka sposa l’ammodernamento storico che il jazz nordico sta attraversando grazie ad artisti come Henriksen e Seim (che suonano con lei), mantenendo immutate le sue prerogative caratteriali. “Starflowers“, al di là di un presunto timido contributo di molti assi nordici paventato da alcuni critici, rappresenta la sua versione definitiva, che costruisce un ponte con il jazz moderno basato interamente sulla tradizione e sull’evocazione del “paesaggio” nordico; Sinikka, partendo da una base canto, riesce ad abbracciare più elementi, imprimendo la sua arte, soprattutto di derivazione poetica (Hans Borli), con una forte propensione verso temi che evidenziano la forza della natura anche in chiave spirituale. Quindi, non casualmente, un elemento ulteriore di valutazione è la sua parallela attenzione per la musica colta religiosa, in particolare quella sovrapposizione dei suoi canti con le note composizioni di Bach (le suites sia per organo che per viola) che cerca di ripristinare lo stile mariano in una zona dove per natura e storia, distante è il richiamo cattolico e più sviluppato quello protestante.
“The land that is not” riprende lo splendido mondo letterario della scrittrice Edith Sodergran, premutaramente scomparsa a 31 anni, insabbiando totalmente il flusso poetico di Sinikka con il jazz atmosferico e di supporto che Henriksen e soci riescono a percepire, perfetti nell’introdursi negli spazi musicali necessari creati dalla Langeland. Il tono del lavoro è molto nostalgico dati i temi trattati dalla poetessa scandinava …”aspetto da tempo il paese inesistente, perchè sono stanca di desiderare l’esistente per quello che è….la mia esistenza è stata un’illusione bruciante, ma una cosa ho trovato e una cosa ho conquistato: la via per il paese inesistente.…” (da “This land is not land”), ma è un’immersione impareggiabile in un microcosmo di musica, poesia, tradizione che va oltre i confini ristretti di una zona geografica del mondo.
PS: mi ha colpito questa poesia, immensa per il potenziale lasciato al lettore, che vi ripropongo (presa e tradotta da un blog)
Il capriccio di un attimo
mi ha rubato il futuro,
messo insieme a casaccio.
Voglio rifabbricarmelo piu’ bello,
come l’ho sempre pensato.
Ricostruirlo su terreno solido
(le mie intenzioni).
Risollevarlo su colonne altissime
(i miei ideali).
Riaprirvi il passaggio segreto
dell’anima mia.
Rialzargli la torre scoscesa
della mia solitudine.
Discografia consigliata:
-Langt innpa skoga, Grappa 1994
-Har du Lyttet til elvene om natta, Grappa 1995
-Lille Rosa, Grappa 2000
-Starflowers, Ecm 2007 (contiene nuove versioni di molti brani già pubblicati sui precedenti)