Grazie all’invito di Lei Liang ho avuto la fortuna di assistere ad una serata concertistica presso l’Accademia Americana a Roma, associazione la cui missione è quella di avere un centro studi in Italia per le arti e creare, attraverso dei programmi concordati, una fitta rete di relazioni, con borse di studio da elargire ai migliori elementi; una delle finalità principali dei partecipanti è l’adesione al concorso internazionale “Roma Prize” che ha già elargito premi a molti stimatissimi compositori passati per l’Accademia. In una bella serata romana, ho quindi presenziato ad uno dei due giorni di musica previsti, con un programma musicale che spaziava dal classicismo di Von Weber al tardo romantico di Franz Schereker, nonchè ad una world première del compositore Tim Brody ed alcune composizione di Liang; appositamente invitati per l’occasione, gli otto musicisti berlinesi dello Scharoun Ensemble, un gruppo di strumentisti estratti dalla Philarmonica di Berlino.
Se autori come Von Weber e Schreker erano viatici di repertorio per affrontare in maniera adeguata i gusti complessivi del pubblico in sala, le “Two satires” di Brody e le composizioni di Liang erano il dovuto contrapposto moderno; il rigore formale (in una veste camerale) dei due germanici viene presentato con le dovute compressioni, ma in definitiva conferma la mia opinione su questi autori del passato: se per Von Weber la sua perizia compositiva risulta inversamente proporzionale alle emozioni che il classicismo o il primo romanticismo seppero elargire in altri modalità e personaggi, per “Der Wind” di Schreker sembra una buona soluzione il ripescaggio dal suo repertorio di una sua pantomina che si riconette idealmente alle intuizioni di Strauss e Mahler.
E’ chiaro, tuttavia, che il momento fondamentale del concerto si riflette nelle composizioni di Lei Liang (per un profilo di questo splendido compositore vedi mio post precedente) che si snodano in tre momenti:
1) il “Gobi Gloria”, quartetto d’archi già conosciuto in fase di registrazione dal Ying Quartet, mostra l'”etnicità” della proposta: i quattro elementi (in cui la violoncellista del gruppo sembra dare un’ottima profondità di suono) amalgamano la voluta e non celata melodia popolare mongola sulla quale si basa la composizione, dimostrando che Liang (tra le altre direzioni) è un’espressione anche di quel corso di perenne avvicinamento tra tradizione orientale e occidentale, quest’ultima proiettata in una forte contemporaneità di stile.
2) “My windows”, rielaborazione al piano solo dei frammenti di “Garden Eight” è l’high point del concerto: una magnifica riflessione in musica ispirata da immagini naturali ed apocalittiche (la distruzione dei mondi ad opera di una tempesta solare e il conseguento inondamento delle terre); dapprima le poche note incrociate denotano lo sguardo attendista, tristemente contemplativo dell’autore, che poi esplode in un fragore pianistico impressionante (il movimento di “Magma”) dàndo un’idea perfetta dell’incandescente situazione grazie ad una partitura pianistica di altissimo profilo tecnico, salvo poi nuovamente reintrodursi nella fase pensosa/misteriosa del movimento di “A waiting the wind to rise”.
3) “Winged creatures” è una breve composizione per harpsichord suonata dalla specialista Takae Ohnishi (moglie di Lei) assieme ad alcuni elementi dello Scharoun E., il cui presunto anonimato è un ben conosciuto frutto della contemporaneità, anche per quel che concerne le tecniche di estensione.
Unico appunto da fare è l’acustica non pienamente centrata, a tratti troppo debole, specie per le file in fondo alla sala.