Alcuni utilizzi degli archi classici per creare ambientazione

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Fonte Hildur Guðnadóttir Autore tz1_1zt, Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 2.0 Generico, no change was made

 

E’ chiaro che l’arte diventerà tra qualche secolo un puro divertimento, e che l’arte vera, che è la preparazione dell’uomo ad una vita superiore, sarà allora proprietà di un piccolo gruppo esoterico rifugiato nell’underground”
(K.H. Stockhausen nel 1974) 
 
Questa incredibile dichiarazione del compositore tedesco fa riflettere sui mezzi musicali per arrivare a far parte di quel gruppo di ricercatori “spirituali”: tutta la famiglia degli strumenti ad arco è deputata a questo scopo; anzi, oggi è visibile come differenti preparazioni allo strumento possano condurre a differenti percorsi di sviluppo. Pensiamo alle scuole musicali negli ultimi cinquant’anni sia in Usa che in Europa: le principali educazioni d’avanguardia sono state divise tra Cage e il minimalismo, e questo è un background che i giovani musicisti hanno portato con loro nelle loro moderne sperimentazioni. Al riguardo vorrei segnalarvi qualche episodio discografico di vero interesse che rientra in queste affermazioni che a ben vedere riguardano il mondo della musica elettroacustica.
In primis vorrei prendere in considerazione il trio Mercury Fools the Alchemist composto dal contrabbassista Daniel Barbiero, il chitarristista ambient Rich Sheehe e il non classificabile Jeff Bagato, che usa uno strumento personale chiamato “springmajig” (una sorta di sintetizzatore rudimentale): dopo molta attività live negli Stati Uniti, finalmente l’anno scorso ha visto la luce una loro registrazione “The science of unobtainable results” (disponibile su Amazon.com) che rappresenta una originale via per arrivare ad un concetto di ambient music partendo da una base classica. La formazione moderna di Barbiero (divisa tra afflati contemporanei e necessità di creare una tessitura artificiale per il trio) è elemento fondamentale per creare lunghi brani d’atmosfera in simbiosi con la chitarra “drone” di Sheehe e l’arsenale di effetti concreti prodotti da Bagato. Ne viene fuori un disco notevole, che racchiude dentro di sè qualcosa che definire “psichedelico” è riduttivo. Qui ci troviamo di fronte ad un “ambient” surreale, con un grado di improvvisazione perfettamente calibrato nella realizzazione di un momento di misticismo per niente scontato se rapportato ad episodi analoghi. Spero che i tre continuino questa integrazione.
Dalla parte opposta ai Mercury Fools the Alchemist, rientrano invece i tentativi di costruire un ambient di stampo classico dove però il ricorso alle tecniche minimaliste è fondamentale. Del movimento modern classical ve ne ho già parlato in precedenti posts (anche tramite posts dedicati ai suoi rappresentanti principali), perciò non mi dilungo sul punto. Mi preme solo segnalarvi alcuni cds che sfruttano una delle caratteristiche primarie del movimento e cioè l’utilizzo degli archi in funzione del brano: l’ultimo Richard Skelton è emblematico al riguardo, in quanto la composizione sugli archi è la sostanza della sua musica (soprattutto violini e celli): il suo “Verses of birds” sembra migliorare quello status malinconico ed evocativo che l’artista sta sperimentando da molti anni e che pone nella trasformazione psicologica dei suoni dell’ambiente in suoni musicali, il riferimento a tanta teoria musicale rispettosa dell’elemento ecologico.
Così come importante mi sembra il concerto della violoncellista islandese Hildur Gudnadottir, concerto immortalato nel cd “Leyfou Ljosinu“,  in cui la stessa, semplicemente con l’ausilio del computer e del suo strumento, compone una lunga suite “ambientale” in cui folate di archi sovrapposti si mescolano a campionamenti della sua voce esile in modo da far risaltare l’aspetto angelico della composizione. L’interesse verso le commistioni tra ambient e musica classica non erano certo sconosciute a lei: la stessa aveva già avuto modo di mettersi in mostra con alcuni lavori solistici e nelle collaborazioni con un factotum del movimento, Hauschka aka Volker Bertelmann. E’ un momento in cui sembra esserci una presa di posizione in favore del “modern classical” anche da parte delle maestranze discografiche, poichè come interpretare la pubblicazione del cd del compositore tedesco con una delle star acclamate della Deutsche Gramophone Hilary Hahn? Sicuramente come un’iniziazione di pensiero presa con troppo ritardo.
 
 
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.