Frank Gratkowski

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 Fra le tante mine vaganti della musica improvvisata, quella di Frank Gratkowski, sassofonista alto ma anche clarinettista di valore, è sicuramente una delle più interessanti. Nato ad Amburgo nel 1963, Frank si mise subito in luce negli ambienti di settore con un disco in solo che lo presentava alla comunità internazionale: le sue “Artikulationen”, registrazioni live fatte a Colonia, mostrano già un musicista con una padronanza invidiabile degli strumenti e proiettano un’immagine stilistica che non è solo condizionata dal dovere portare avanti la sperimentazione; ben conscio dei nuovi legami prodotti dalle teorie di Cage sulla dosatura degli spazi musicali e dei silenzi, Gratkowski cerca una formula che non appartenga al regno delle aridità e, con gran senso dell’amalgama, ne istituiva una personale che conteneva il jazz di Braxton e Lacy e la ricerca timbrica dei contemporanei (in particolare Scelsi). E’ nell’intreccio tra suoni variamente “non convenzionali”, pause propedeutiche e ritorni jazz che si esprimono le sue note “articolazioni” (un secondo volume sarà pubblicato nove anni dopo nel ’99).
Le tappe fondamentali della sua dinamica carriera passano quindi in varie formazioni su cui però si può tentare di fare ordine: il primo trio con il bassista Dieter Manderscheid e il batterista Gerry Hemingway dimostra già una sua maturità in “Gestalten” e nel successivo “The flume factor“: lo stesso trio si arrichisce del trombonista Wolter Wierbos e registrerà ancora il discorsivo “Kollaps”, il pluridecantato “Spectral Reflections” e l’ottimale (nel raccordo improvisazione-composizione tra i musicisti) “Facio“, tutte raccolte piuttosto similari che vi introducono ad una dimensione molto curata e diversa della musica improvvisativa che mette in risalto in maniera evidente come le tecniche di estensione usate nel suonare gli strumenti possano portare a risultati che privilegiano la risonanza e allo stesso tempo il jazz di Monk.
Un’altro sentiero piuttosto battuto da Gratkowski è stato il trio condiviso con il pianista Achim Kaufmann e il contrabbassista Wilbert DeJoode che registrerà “Kwatt“, “Unheart” e “Palae”, episodi di analogo contenuto al concetto improvvisativo del tedesco prima descritto dove si impone quel particolare astrattismo che suscita l’interesse dell’ascoltatore per eventuali abbinamenti nelle altri arti (specie quella pittorica).
La sperimentazione di Gratkowski si è estrinsecata anche in contesti diversi: con distanze temporalmente parametrate alle esigenze espressive, si va dalle prove in duo con Misha Mengelberg in “Vis a Vis” dove viene recuperata un’energia più tradizionalmente vicina al jazz a quella (sempre in duo) resa più tardi con il batterista Hamid Drake, due perfetti esempi di arte del contemporaneo che accolgono pensieri ed idee aggiornate di un modo di sentire l’odierno nato quarant’anni fa.
L’appuntamento verso organici allargati viene attuato aumentando dapprima il numero dei partecipanti della base ritmica, portata a due contrabbassi e due batteristi nel progetto soporifero di Loft Exile (registrazioni che raccoglievano appuntamenti musicali esibiti al Festival di Moers nel ’98 e ’03) e poi con un più largo dispiegamento di forze in campo attraverso la James Choice Orchestra, in cui le fonti formative “accademiche” di Gratkowski si impongono sia nella tessitura che nella densità delle strutture (nel live “At Musik Triennale Koln” l’ombra infettiva di Luciano Berio accompagna tutto il lavoro di esecuzione, fino all’omaggio esplicito reso in aderenza aggressiva e schizoide nei “9 Trivial tribute”).
Tra il 2009 e il 2010 Gratkowski imbastisce due formazioni di improvvisatori eccelsi: il sottovalutato ma affascinante quartetto di “Unplugged Mind” (con Lapin, Gramss e Bledsoe) che ripropone un’interessantissimo gioco di ombre e colori post-free e il quintetto dei Shift in “Songs from Aipotu” (Zoubek, Manderscheid, Blume e Lehn) in cui si avverte una crescita di maturità che, pur in assenza di elementi innovativi a livello di estetica, si caratterizza per la bellezza delle soluzioni e la sana “perdita” di coscienza delle improvvisazioni. In questo disco compare anche un sintetizzatore analogico che costituisce le nuove frontiere dell’artista alle prese con le interazione dell’elettronica. In questo senso vanno interpretate le esperienze in trio fatte nel clima misterioso di “Deployment” con il pianista Nabatov e il trasversale compositore e produttore di musica elettronica Marcus Schmickler (noto anche con lo pseudonimo di Pluramon per le sue registrazioni in casa Mille Plateaux) , nonchè quelle di “Ware“con Chris Brown e il vibrafonista Wiliam Winant, due personaggi storici della computer music, in cui l’utilizzo interattivo di un software messo punto dal sassofonista tedesco permette di esplorare nuovi confini della improvvisazione libera in un contesto in cui questa diventa stimolo per esperimenti “sonici” che vanno oltre i rischiosi intrugli ai quali ci si rifugia oggi nell’elettronica dal vivo e che costituisce una via di approfondimento elettro-acustica già ampiamente intrapresa da molti musicisti del jazz e della musica contemporanea.
La Leo ha pubblicato a novembre tre nuovi cds di Gratkowski: “Vermillion Trales“, secondo episodio nel solco di “Ware”, in un live registrato a  Donaueschingen nel 2009  (in cui si aggiunge, in una composizione, la tecnologia compositiva al computer e agli effetti dal vivo di Gerhard Winkler), “La Vent e la gorge” che ripropone dopo tempo il quartetto storico di Gratkowski fermo nella serie costruita da “Gestalten” fino a  “Facio” e “Fo(u)r Alto“, chiaramente ispirato nel titolo a Braxton in un tour di 4 alto sassofonisti (oltre a Frank, Floriann Bergmann, Benjamin Weidekamp e Christian Weidner) alla ricerca di una voce nuova e comunemente rafforzata, da dare allo strumento nell’àmbito dell’improvvisazione.
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.