Sebbene storicamente il rinascimento sembra che per i cultori delle arti sia finito intorno al saccheggio di Roma nel 1527, per la musica la tendenza prevalente è quella di un’ulteriore allungamento che la porta fino al 1620 circa: in verità il rinascimento fu un movimento tutto italiano partito da Firenze (i pochi abitanti di Roma di quel periodo erano fiorentini emigrati a Roma) sul quale poi si inserirono le velleità degli artisti della zona fiamminga (franco olandese) con tutti i risvolti che ben si conoscono. Il passaggio storico del sacco romano rappresentò probabilmente una delle forme con cui si espresse la contesa “religiosa” del secolo e che avrà influenza sulle arti e quindi sulla musica; mi riferisco alla riforma Luterana di circa dieci anni prima che aveva creato risentimenti forse eccessivi se visti con l’ottica di oggi, e senza dubbio all’altro passaggio fondamentale per l’ulteriore evoluzione degli eventi, la Controriforma ecclesiastica, culminata con le regole del Concilio di Trento chiuso nel 1563; la situazione musicale nell’Italia di quei tempi godeva di una posizione invidiabile poichè inglobava nuove tendenze evidenti soprattutto in paesi come Venezia, Roma e Napoli, che avevano accolto le naturali evoluzioni della musica: le spinte erano di natura diversa e non riguardavano solo l’aspetto profano (che si era lentamente insinuato nel canto ed era costruito sul piacere e sul benessere della vita fornendo il logico potenziale necessario per lo sviluppo degli strumenti e per il loro accostamento al canto), ma anche quello religioso (lo scambio interdisciplinare tra musicisti italiani e non, favoriva l’arrichimento e lo sviluppo di tutte le forme polifoniche); le variazioni si giocano su differenti aspetti della tecniche vocali e strumentali che si risolvono spesso in sfumature da analizzare nei vari contesti geografici. L’aspetto fondamentale del “tardo” rinascimento a livello musicale risentì dell’improvviso nuovo clima che si era formato intorno alla chiesa cattolica dopo i noti eventi riformisti: la Chiesa divenne repressiva, confinando e punendo tutti coloro che non aderivano alle regole (si pensi al ghetto degli ebrei a Roma) e persino l’arte si incupì con un maggior risalto delle tonalità oscure. A Roma, Palestrina si fece portavoce di una mediazione in qualche modo obbligata alla sopravvivenza: dal momento che la Chiesa non permetteva di utilizzare cori e armonie polifoniche che non fossero votate alla chiarezza (immagini e parole devono essere pienamente udibili per non suscitare confusioni di nessun genere) Palestrina rallentò le forme, creando più estaticità nel rispetto della formula imposta, introdusse un nuovo palese riferimento al canto omofonico ed in tal modo costruì un nuovo prodotto polifonico che aveva le ambiguità di qualcosa che non fosse realmente “nuovo”.
Un’altro compositore che a Roma passò molti giorni della sua vita fu lo spagnolo Tomas Luis de Victoria, che molti considerano l’equivalente iberico del Palestrina: recentemente è stata pubblicata un cofanetto di dieci registrazioni in cds, le “Sacred Works” edito dall’Archive Production, con un ensemble spagnolo Plus Ultra diretto da Michael Noone, che tendono ad una prima vera sistemazione dell’opera sacra dello spagnolo; Victoria fu uno dei più coerenti compositori dell’epoca, poco versatile e soprattutto pienamente immerso nel tipo di composizione religiosa (mai profana), un rivale di Palestrina a cui si riconosce il merito di aver scritto almeno un paio di composizioni ritenute (a ben ragione) fondamentali per la musica sacra: mi riferisco all’Officium Defunctorum e alla Requiem mass, spesso collegata; senza voler entrare nei particolari tecnici (che meritano un approfondimento troppo esteso) la voluminosa raccolta di Noone sembra perdere però l’occasione di ricostruire in maneria più precisa l’attività del compositore, poichè essendo il risultato di un’operazione culturale non finalizzata, manca comprensibilmente di alcune “messe” o “mottetti” fondamentali nella carriera di Victoria, nonchè della Requiem stessa. Pur raggrupando molte delle sue messe più rappresentative, il lavoro di Noone è focalizzato sull’attività del compositore in terra di Spagna e indaga attorno alle partiture note e meno note rientranti nelle scoperte nazionali fatte sull’autore.
Discograficamente parlando, quindi, forse è ancora utile abbinare il lavoro di esecuzione fatto dai Tallis Scholars in tante occasioni e quello di David Hill con il suo Westminster Cathedral Choir (registrazioni in cui naviga periodicamente la Hyperion R.), senza dimenticare la sistemazione definitiva fatta per l’Officium Hebdomadae Sanctae da Joseph Cabre e la Schola Antiqua per la Glossa nell’anno speso a Roma nel 1585: penso che questo sia un buon modo per conoscere lo stile di Victoria (tendente al misticismo) e conciliare l’analiticità di una completa disamina dell’operato compositivo con la sinteticità di cogliere gli aspetti migliori e più affascinanti dell’autore spagnolo.
Maestri della polifonia vi furono anche a Venezia dove c’era già naturalmente una maggiore apertura al cambiamento: con una bella idea, i King’s Consort di Robert King riprendono la musica veneziana di quel periodo facendo riferimento allo “sposalizio” della città veneta con il mare, una cerimonia in barche vissuta nel rispetto “religioso” del mare, in cui vengono proposti le musiche ideali del cerimoniale all’aperto e quelle complementari della funzione religiosa nella chiesa di S.Niccolò. La bellezza di questo episodio Hyperion, con composizioni datate tra il 1587 e il 1618, non sta solo nel fatto che contiene molte perle polifoniche del tempo (alcune invero mai ascoltate), ma anche perchè documenta quella libertà strutturale della società che si impone anche di fronte al periodo difficile di transizione intercorso di cui si parlava prima: vengono per l’occasione ripresi mottetti, madrigali e passaggi musicali tradizionali che ci riportano pienamente in un atmosfera che, per quanto riguarda la parte religiosa, non assorbiva le limitazioni sùbite dal patriarcato del vaticano e versava in uno stato di già eccitante innovazione musicale.