Spesso nell’arte e quindi nella musica non è sempre importante l’innovazione ma un’idea o un sentimento che attraverso la musica stessa trasmetta le prerogative dell’artista ed in definitiva i bisogni dell’uomo: questo principio può essere applicato con grande carico di adesione a Giuseppe Perna. Qualcuno potrebbe storcere il naso quando non trova certi appigli di natura strumentale specie oggi che la bravura viene misurata solo sulle capacità tecniche, ma si dimentica che spesso le cose più ascoltate nel tempo non hanno che la semplicità da offrire e un grande respiro emotivo: la particolare modalità “cromatizzata” di Perna è il suo punto di forza e sfido a trovare pianisti che hanno un suono uguale al suo. Giuseppe pubblica due nuove raccolte (“Perna modal songs” e “Morning Mediterranean”)* con brani selezionati da una più ampia gamma di improvvisazioni registrate privatamente che dimostrano tutto il suo valore.
Il primo brano di “Perna modal songs” è “Cellule sonore” che inizia con un piano sbilenco, che sembra quasi al limite della scordatura, che introduce una trama pensosa che è diretta espressione del suo rimuginare modale. Un’aureola fatalistica intrisa di oscurità pervade i dodici minuti del brano che vive di splendidi fotogrammi musicali che evocano ricordi e malinconie della vita; “Ghost” è stata composta di getto dopo che Giuseppe aveva ascoltato dei brani di musica contemporanea: facendo uso di similitudini di immagini grazie ad un uso estensivo del piano è uno dei suoi brani più “dissonanti”: veri e propri fantasmi che girano attorno al piano in attesa di una risposta; “Jarrett in love with Debussy” è puro Perna-sound: un bellissimo incrocio stilistico tra diverse sensibilità della storia pianistica filtrata dalla sua ottica; “Dorian chant in E-Flat n. 1” è uno dei suoi capolavori: in un clima oscuro e quasi metafisico, il suo piano si proietta in diverse “figure” armoniche che riportano alla mente immagini senza tempo; Giuseppe comincia ad usare la notazione del modo per intitolare i suoi brani, così come succede per il successivo “Dorian chant in G-Flat n. 1” in cui sembra riaffarciarsi una certa drammaticità della trama, pur sempre avvolta da una raffinata e sensibile confezione, che vi fa “galleggiare” sulle nuvole;” Requiem to George Russell” è l’omaggio di un ammiratore rivolto a colui che nel jazz per primo ha costruito una vera e propria teoria dell’armonizzazione modale: la composizione in Db Phrygian è una sorta di perdita della coscienza che si spinge in territori impressionisti riflessivi e misteriosi; “Meditation IV C” conclude il lavoro riportandoci alla base di partenza dopo aver accarezzato uno di quei bellissimi sogni di purezza che quando finiscono ci fanno aprire gli occhi sulla realtà infedele.
“Morning Mediterranean” è più sbilanciato verso una caratterizzazione etnica del prodotto (che non è etnico nel senso restrittivo della parola) e si apre con il tema del “Canto locrio n. 1 in Db” in cui una vena “arabica” completamente interiorizzata nel suono si scontra con melodie estemporanee ed evocative, così come la notazione melodica di “A Aeolian chant n. 1” distilla dentro di sè tutta la ricerca sulla vocazione musicale del pianista e che ad un tratto si apre a scorci di melodismo non usuale. L'”Eb Dorian chant n. 2” è una riuscita variazione del primo canto suonato in “Perna modal songs”, mentre la bellissima “The day after” utilizza una struttura bimodale (Phrygian e Aeolian) per esprimere una caustica e trasognata presa di coscienza; “To Donatella” è quasi un’istantanea sul ricordo che come spesso accade nel suo caso, si avvicina a quel respiro di classicità “moderna” evitando quello che molti pianisti (specie di estrazione new-age) confondono con la banalità. Queste registrazioni sono boccate di ossigeno per l’anima!