Nella mia breve fotografia sul jazz italiano ho colpevolmente dimenticato nella lista dei più interessanti pianisti il nome di Nicola Guazzaloca: forte di esperienze mirate nel settore dell’improvvisazione libera, il pianismo di Guazzaloca dimostra di avere una specificità non comune; di solito i pianisti del genere sono coloro che lanciano le idee guida dell’improvvisazione a cui poi gli altri musicisti si accodano con le loro elucubrazioni; Nicola è esattamente il contrario, si potrebbe dire uno splendido gregario (per corrispondenza alle gare ciclistiche) che svolge il compito più importante, quello di impegnarsi a creare e riempire gli spazi “descrittivi” dedicati al sostegno generale dell’improvvisazione. Esprimersi in sinergie che seguono quasi istantaneamente l’operato dei musicisti che suonano con lui non è certamente cosa facile e soprattutto la cosa che colpisce è la validità e la rapidità dell’adattamento che egli riesce ad offrire; per completare la definizione usata prima si potrebbe dire di essere di fronte ad un gregario vincente, con una capacità evocativa nelle note, pari se non superiore a quelle dei sassofonisti, violisti o batteristi che siano; Guazzaloca con pochi tocchi disegna uno sfondo perfetto per la lettura dello spirito introspettivo implicito nella musica: in “One hot afternoon” (assieme a Trevor-Briscoe) ad esempio, sentirete un piano che ironicamente sostiene un’improvvisazione seria di un “giullare” del piano dei tempi odierni, così come in “Underflow” (nel trio con Mezei e ancora Trevor-Briscoe) Nicola costruisce un contrappunto espressionista e astratto che sembra voler consumare veementi “pennellate” a mò di riempimento; e per far ciò utilizza i mezzi moderni della musica, quelli che hanno bisogno di una più severa comprensione, quelli che risuonando in clusters, dinamiche veloci e note preparate del suo piano, definiscono uno status artistico che, pur essendo inserito nel classico range della libera improvvisazione senza confini stilistici, affascina per la gestione dei suoni e delle espressioni. I due titoli che ho menzionato si riferiscono alle prove registrate per la Leo R. in cui Nicola ha avuto la piena possibilità di far sentire il suo potenziale di pianista “spezzettato”, ma egli può essere ancora apprezzato nei cd registrati per la Amirani (tra cui il validissimo trio con Mimmo e Marshall di “Again in Shoreditch” nel live a Bruxelles, in cui emerge anche una parte più meditata del suo pianismo), e in quelli di Setola di Maiale (tra cui spiccano il trio con Gerold e Giust di “Transition“* e il duo con Marraffa di “Gluck Auf”).
Nicola Guazzaloca può considerarsi una sorta di “funambolo” del piano, cinico ed unico nella sua visione, con una forza di adattamento e una risposta all’interplay fenomenale: un musicista di statura internazionale, coerente e mai dispersivo nelle sue idee, che non disdegna di affrontare anche un’attività prodromica di organizzazione compositiva (inserendosi nel dibattito storico delle misure giuste tra improvvisazione e composizione “istantanea”).