Bernhard Sekles: Chamber Music

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La storia del compositore tedesco Bernhard Sekles è emblematica di quanti eroi misconosciuti esistano nella storia della musica: di filiazione ebraica, Sekles visse a cavallo di quell’epoca che va dal decadentismo di Brahms (di cui Sekles ne aveva mutuato l’umore) al periodo intermedio delle due guerre mondiali del novecento, periodo che pressapoco coincide con le istanze sempre più forti del neoclassicismo, preludio all’avanzata politica del dittatore Hitler; insegnante al Conservatorio di Hoch a Francoforte, Sekles costituisce quell’eroe silenzioso capace con la sua musica di sintetizzare il mondo che viveva, inserendo nella considerazione data alla sua composizione anche una perfetta giunzione tra i periodi musicali storici che segnano l’inizio della strumentalità tonale (dal barocco fino ai suoi giorni*) e segnalando nel contempo i prodromici effetti delle sopravvenute istanze popolari (sebbene senza essere in nessun modo un nazionalista); l’etichetta inglese Toccata Classics, da sempre attiva nella riproposizione di originali registrazioni di artisti anche poco conosciuti, ha dedicato un volume della sua opera al compositore tedesco, dopo che già altra etichetta si era mossa alla riscoperta di questo sfortunato didatta. Sekles, purtroppo, fu preso dalla mira mortale dell’incongruenza politica di Hitler che attraverso il suo parlamento lo delegittimò dall’incarico a Francoforte giudicandolo non-German per via dei suoi americanismi (vedi il rifacimento di “Yankee-Doodle“) e poi dalla tubercolosi a cui Sekles sembrava non dargli la giusta importanza fiducioso di una guarigione e che lo convinse a restare nel suo paese nonostante tutti gli consigliassero di trasferirsi.
Sekles fu il primo in assoluto a pensare ad una classe di composizione jazz al Conservatorio, prima ancora che Stravinski ed Ellington divulgassero il jazz come elemento della scrittura e prima ancora che negli Stati Uniti le scuole di musica ed i conservatori adottassero una decisione analoga: Bernhard era affascinato dalle marce, quelle che si rifacevano alla nascita del jazz e a personaggi come Gottschalk o Sousa e dava piena evidenza di questo retaggio nella composizione, in cui il ritmo acquisiva un valore fondamentale (per lui il cuore della composizione); in questo “Chamber music” si evidenzia un compositore eclettico, pienamente immerso nel tardo romanticismo (con il profondo senso della vita di Brahms e le perdite di coscienza strumentali tipiche dell’impressionismo musicale), ma che condivideva le forme popolari, non solo il jazz ma anche il folklore (come sembra rinvenire da un movimento della Violin Sonata op. 44); inoltre evidenziava una voglia (indistinta prerogativa dei compositori dell’epoca) di liberarsi dai legacci della tonalità, virando una più proficua forma di libertà di espressione, che rappresenta una vera ed embrionale free-form ante-litteram. Questa caratteristica per quanto contenuta è riscontrabile non solo nel richiamo ai ritmi jazzistici ma anche in alcune zone topiche della partitura al violino o al cello che sembrano perdersi nel vuoto, in assenza di regole di notazione: tra le quattro composizioni proposte, in cui emerge una splendida capacità di sintesi di alcune figure barocche (vedi ad esempio la Chaconne) o ebraiche (vedi il quarto movimento della Violin Sonata op. 44), si può affermare con una certa sicurezza che la sua Cello Sonata op. 28 del 1919 non ha nulla da invidiare alle migliori sonate per cello dell’epoca romantica ed il rammarico è per il fatto di essere allo scuro nell’esistenza di ulteriori pubblicazioni di quell’epoca riproponibili, dato che la famiglia emigrata in Brasile, sembra abbia subito restituito molte partiture a Francoforte di cui non si parla molto. Purtroppo Sekler nella sua vita non fu particolarmente prolifico nella scrittura.
Alla scuola di Sekles si formarono alcuni dei migliori compositori e statisti musicali di tutto il novecento, che ne condividevano la problematica innovativa: da Hindemith a Stephan, da Cyril Scott ad Adorno; quest’ultimo, pur non essendo in sintonia completa con le idee di Sekles specie per quanto riguarda l’idioma jazzistico, dal lato compositivo ne riconosceva la grandezza così come gli capitò di esprimersi in merito al tedesco in occasione del suo cinquantesimo anno d’età….”.…his early works (…) show him on the Brahmsian, not the Wagnerian, side. They already have that beautiful distance from the pompous and the pathetic which he continued more and more to put between himself and the contemporary German epigonal outpourings of some of his contemporaries. His works also possess a playful irony behind which he hid a chaste intensity. The grottesque quality which sometimes appears in his music is not a goal unto itself, but only the bridge which carries his soul into the world, in order not to fall into the abyss…..”.
 
Nota:
*Sekles era epidermicamente vicino alle operazioni di Busoni o Reger.
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.