Liberare energia nel contesto contemporaneo: Simone Santi Gubini

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Nell’attuale panorama della musica contemporanea è visibile l’orientamento intrapreso dai giovani compositori nel scegliere l’approfondimento di una tematica, ma non sono molti quelli che oggi riescono nell’intento di fornire nuovi germogli di stilismo non duplicabile e soprattutto è difficile trovare compositori che riescono a mantenere modelli di coerenza nel cercare nuove possibilità espressive in un campo come quello della contemporanea in cui sono ora più che mai necessarie nuove idee antistoriche: in due parole la purezza dell’arte musicale. Di questi orientamenti, in queste pagine, si sono apprezzati le recenti tendenze rivolte al processo di “sovraesposizione” della materia strumentale realmente constatabile anche al di fuori del campo classico (1): tuttavia sta venendo fuori la consapevolezza di poter sviscerare una musica che si sposta sul piano dell’oggettivazione dei suoni senza dimenticarsi di fornire un’adeguata copertura filosofica ai tempi attuali. In questo sito ho già avuto l’onore di ospitare i saggi imperiosi del compositore romano Simone Santi Gubini, ma non ho mai avuto l’occasione di rimarcarne le qualità stilistiche e i punti di forza che hanno fatto scattare su di lui elogi critici di particolare rilevanza; il compianto Henze aveva espresso pareri formidabili sull’attività del compositore, indicandolo come il nuovo Schoenberg della musica. Quell’affermazione probabilmente discendeva dalla constatazione di un lavoro pluriennale di ricerca fatto dal compositore romano su intervalli e ritmi che conduceva ad un inaspettato ampliamento degli stessi e ad una sistemazione di assonanze di note poste tradizionalmente su scale diverse (2). Questa scoperta, che in verità all’uscita sembra tradire il contenuto innovativo per via di una non immediata recepibilità organizzativa dei suoi elementi, disegna però un’evoluzione credibile per le regole dell’atonalità che, nel caso in questione si sposa con una “traspirazione” dei suoni volutamente condensata in battute e suoni energici, imperterriti, che si accompagnano ad impulsi stranianti nel solco di un certo modello di sviluppo quasi ligetiano ma contenenti un grado di pura astrazione differenziatrice.  Ma ciò che attualmente sta prendendo sempre più consistenza nella struttura compositiva di Santi Gubini è quel lavoro compiuto sulle risonanze acustiche, quelle ottenute dagli armonici naturali degli strumenti, senza nessun ausilio della tecnologia, che si distingue per il fatto di possedere un trend di scrittura che sta tra gli orpelli della musica contemporanea e il parco delle risonanze artificiali, una misurazione che rende evidenti i contrasti, cercando comunque di dare valore aggiunto ad entrambe le componenti. Se della prima condivide i tempi, le modalità di linguaggio, l’impostazione atonale e le pause antropomorfe, della seconda ne sviluppa la forza, la potenza refluita dal gioco dei registri estremi, i tonfi di clusters fortissimi e indignati, con ciascuno strumento che gioca il ruolo del dialogatore “vivente” con un suo specifico carattere. E’ un adesione ad una nuova estetica che ricalca perfettamente il suo modo di pensare sulla musica (3), quella di una generazione compositiva coercitiva che per farsi sentire ha bisogno di sbattere i pugni, di colpire l’immaginario dell’ascoltatore attraverso fasi di debordante fisicità (in “Ausgiessung” la splendida scrittura a “diapositive” prevede anche un cluster totale sugli 88 tasti del piano ottenuto con una barra di legno perfettamente aderente all’intera tastiera oppure nella disincantata atmosfera di “Abstrakte Natur lebendig“, armonici sostenuti di flauto e piccolo si erigono su una struttura camerale che vi proietta in una “pericoloso” incantesimo sonoro a cui è difficile resistere).
Santi Gubini è alla ricerca continua di intensità e la recente pubblicazione di “Schmelzpunkt“, composizione per flauto, clarinetto basso e piano, fornisce ancora parecchie conferme al riguardo: da vedere come naturale prosecuzione del percorso intrapreso con “Ausgiessung“, in “Schmelzpunkt” vi renderete subito conto di essere di fronte ad un suo componimento: l’attacco improvviso in clusters del piano introduce una partitura per flauto e clarinetto basso che funziona al limite del sibilo, un continua esacerbazione dei registri elevati dei due strumenti che vengono mantenuti e fluidificati per tempi memorabili; un piano costantemente alla ricerca di tonfi e textures, accompagna questa imponente quantità d’aria emessa sotto forma di risonanza sonora; qui il “punto di fusione” è biologico, è uno svuotamento di energia sonora guidato quasi da una invisibile, sottostante forza naturale che detta le regole dello svuotamento; nè tanto meno viene eliminata quella mediazione tra razionalità espressiva e ambientazione astratta che caratterizza lo stile del compositore romano. Quello che connota l’originalità della proposta di Santi Gubini non è tanto l’emissione quanto lo scontro tra la robustezza e l’indignazione dei flussi con il tempo (segnato da clusters e ripetizioni) che funge da vettore temporale: come in una versione speciale che ha la pretesa di raffrontare Cowell e Grisey. Esprimo qui il mio rammarico per la circostanza che Simone sia in terra d’Austria ad offrire i suoi servigi, avendo lasciato l’Italia che, nella prospettica affermazione di questa tipologia di relazioni musicali, sembra evidenziare tutta la maggior difficoltà economica e culturale di un paese che per inerzia rimane indietro nel preservare e valorizzare le migliori risorse esistenti.
Note:
(1) si pensi al lavoro svolto dai compositori dediti agli “eccessi di suono” (tutta la materia della saturazione che passa dalla Francia di Bedrossian, Robin e Cendo) di cui troverete ampie trattazioni in questo sito, ma anche a musicisti e jazzisti di larghe vedute improvvisative come Colin Stetson con il suo apporto sulle tonalità basse di clarinetti e sassofoni (vi consiglio caldamente l’ascolto dello splendido terzo volume di New History Warfare) o come Mats Gustaffson, impegnato nella stessa ricerca energetica nell’ambito di un raccordo con le discipline jazzistiche. 
(2) In “Als oben”, lavoro caratterizzato dall’incursione nel sacro e  da alcuni accorgimenti della polifonia fiamminga consistente nell’indistinta posizione spaziale di coristi e strumentisti, presenta la tecnica della Composizione a parti uguali.
(3) vedi assolutamente su questo blog il suo saggio “Shock ed ambiguità musicale“.
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.