L’Aut Records è una neonata etichetta discografica di Berlino impegnata nella ricerca di suoni non usuali: costituita dal sassofonista Davide Lorenzon ha cominciato a produrre e pubblicare i suoi primi lavori che attualmente vedono sopratutto impegnati alcuni tra i migliori artisti del momento in tema di improvvisazione. Ho nelle mani due di questi cds di cui fornisco qualche impressione.
Trio Giacomo Papetti/Emanuele Maniscalco/Gabriele Rubino – Small Choices
Accreditato come formazione alla leadership del giovane contrabbassista Giacomo Papetti (classe 1984), in realtà “Small Choices” è un progetto molto più democratico di quanto si pensa. Sebbene possa essere nausante per qualcuno ripetere certi concetti, è necessario soprattutto in questa sede rimarcare la circostanza di come la modernità musicale (sia quella proveniente dal mondo classico sia quella sposata indirettamente dal jazz) abbia consentito di esprimere e di calzare determinate sensazioni che la tonalità pura non era in grado di fare: mistero, inquietudine, riflessione, etc. trovarono da inizio novecento in poi una loro nuova e indiscutibile presenza; “Small choices“, riflettendo l’ampia preparazione dei musicisti coinvolti e seguendo alcuni canali guida, prova a costruire un pamphlet che sia in grado di ricreare (con una giusta dose degli elementi coinvolti) una situazione globale, uno spirito vitale a cui aderire: qui la parte della modernità che viene considerata è quella che corrisponde alle presenze mistiche, ai massimi indagatori delle relazioni tra musica e spiritualità, che impegnò gran parte della vita di Oliver Messiaen (il Quartetto per la fine dei tempi è ispirazione anche di una improvvisazione del trio) e l’essenza delle idee di Gyorgy Ligeti (qui evocato in un brano della raccolta di Musica Ricercata): questi idiomi sono ripresi cercando, però, di iniettarne lo spirito in un qualcosa che non sia solo enigmatico o estatico e rivolto alla caratterizzazione del suono, ma sia consono ad essere trasferito nel mondo del jazz; seguendo questo principio il trio ricuce il divario tra le imprese di Messiaen e Ligeti e quelle dei pionieri “obliqui” del jazz, tra cui il riferimento (anche palese in “Finale”) è a Gershwin depurato della parte “standard” e colto in quella messianica. In Small choices non si assiste ad un tour d’improvvisazione libera, ma c’è la volontà di impressionare attraverso la calibratura dei suoni: la validità di questo trio sta nel fatto che non solo è capace di fornire descrizioni ed immagini vivide all’ascolto (circostanza mai trascurabile nonostante le consolidate tendenze), ma anche in grado di lasciare una “impronta”, qualcosa che di ben definito, che è spirito e presenza contemporaneamente, che resta lì a nostra disposizione: “Small Choices” suona perciò camerale e jazzistico allo stesso tempo. Ci sono tutti i presupposti per un’intensa attività in cui sviscerare queste proprietà di compenetrazione che giacciono su tutti i versanti della musica suonata nel novecento: Papetti, in specie, esibisce anche il versante “rock” di Ligeti espresso con lo stile di un contrabbassista jazz (vedi la brumosa cartolina di “Hu Rock“). Emanuele Maniscalco non è una sorpresa: dopo un periodo di gestazione nei gruppi di Battaglia e Rava (Emanuele è anche un batterista), ormai il pianista mostra una maturità artistica svincolata da altri modelli, circostanza che potrebbe essere stata uno dei motivi della acquiescenza di Eicher per la sua registrazione all’Ecm tramite Third Reel; così come positivamente sorprende il clarinetto di Gabriele Rubino, un nuovo attore dello strumento da prendere assolutamente in considerazione.
Hanam Quintet Featuring Tristan Honsinger
Gli Hanam Quintet sono un quintetto operante a Berlino con musicisti di varia origine geografica: tra essi musicisti più navigati e conosciuti come il contrabbassista Horst Nonnenmacher (che faceva parte degli improvvisatori dell’Improvisors Pool, gruppo riunito per onorare l’incontro di due mostri sacri del jazz, Alex Von Schlippenbach e Sam Rivers) e la violinista Alison Blunt (che conta al suo attivo molte collaborazioni importanti e il fatto di essere inserita nella London Improvisers Orchestra che raccoglie, assieme all’orchestra di Glasgow, il meglio dell’odierno jazz inglese più oltranzista) a cui si aggiungono le fresche potenzialità del pianista Nikolai Menhold e dei due sassofonisti, Anna Kaluza all’alto e Manuel Miethe al soprano.
Gli Hanam sono la perfetta dimostrazione di quel corollario che sovraintende (rifiutandolo) alla psicosi della singolarità delle prestazioni musicali: l’interplay di gruppo è l’essenziale punto di riferimento, dove in una sorta di conduction segreta tra musicisti, gli stessi si adoperano per una condivisione delle liberalità altrui. Ognuno usa i propri mezzi per raccordarsi ai restanti, cercando di creare uno status sonoro globale dove le evidenti tecniche estese utilizzate siano messe a disposizione di un flusso sonoro itinerante. Questo concetto è anche visivo e a tal proposito vi consiglio di guardare anche il video, liberamente disponibile, di una loro esibizione al Vortex Jazz Club di Londra (vedi qui) in cui apprezzare doti e simbiosi.
In questo cd sono registrate due perfomances incise in momenti diversi: quella svolta al Lumen Church di Londra è un vero e proprio omaggio alla musica contemporanea fatto da musicisti dediti all’improvvisazione: una suite tutta impostata sulla ricerca di armonici sui fiati (Scelsi), di contrasto a tocchi “estesi” percussivi su piano e contrabbasso (Berio) che si rifanno alle dissossate strutture della musica contemporanea (Lachenmann). Nell’altra esibizione svolta al Collegium Hungaricum di Berlino, idealmente divisa in due parti, e dove nella seconda interviene come ospite Tristan Honsinger, viene confermata la notevole espressività del gruppo in grado di impostare uno standard qualitativo elevatissimo e di suscitare una notevole attrattiva insita nell’apparente caos formativo dell’improvvisazione, grazie ad una continua e corale contrapposizione/frammentazione è in grado di effettuare quel trasporto neurale che solo la libera improvvisazione può fornire; sono suoni tutt’altro che cervellotici, che hanno potere immaginativo, dove gli strumenti sembrano simulare eventi servendosi dei musicisti: l’idea è quella di un racconto speciale che fruga nell’innocenza e nella imprevedibilità delle situazioni, di quelli vicini alle vicende di Alice nel paese delle meraviglie, un’idea che probabilmente si sposa perfettamente con la filosofia del famoso cellista Honsinger che nel suo intervento unisce sia il suo istinto camerale (chiaramente udibile nelle fasi meno dinamiche) sia quello di sperimentatore (alimentando la trasversalità e l’opposizione all’uso classicista dello strumento). Altissimo livello.
Ritorna dal 29 novembre il festival di Musica in Prossimità a Pinerolo. Come sempre, dietro la rassegna c'è l'associazione Metamorfosi Notturne con la mano...