Nella free improvisation la generazione di musicisti nati tra il 1950 e il 1960 è stata di fatto sottovalutata specie quella che riportava gli insegnamenti di musicisti radicali come Brotzmann: prendete l’esempio di questo gruppo di Berlino, i Grid Mesh, composto da musicisti che silenziosamente hanno scritto (e stanno scrivendo) la sommessa storia del genere in Germania: il batterista Willie Kellers (1951) era uno dei preferiti di Peter Brotzmann e suonava già con lui agli inizi degli anni ottanta; il trombonista Johannes Bauer (1954) è uno dei più apprezzati musicisti tedeschi che portò avanti un trio eccellente nella decade dei novanta con Fred Van Hove e Konraud Bauer senza dimenticare le strizzate d’occhio agli improvvisatori inglesi; il chitarrista Andreas Willers, un eclettico musicista d’avanguardia, ha costruito una incredibile e silenziosa carriera assieme a Gebhard Ullmann. A questi si aggiunge il più giovane sassofonista Frank Paul Schubert (1965), che già si segnala come una delle migliori espressioni nel suo paese.
Questo quartetto che conta tre registrazioni recenti al suo attivo è una sorta di punto di arrivo di un certo tipo di improvvisazione che si basa su un tipo di interazione quasi mimetica, dove le qualità dei musicisti, tutte di alto livello, offrono una di quelle splendide differenziazioni formate da caos+pausa riconciliativa, a dir la verità un’impressione ben chiara nell’improvvisazione libera ma non sempre ben attuata: “Live in Madrid” è la registrazione di una loro esibizione in cui viene finalizzato tutto il lavoro di contrasto tra improvvisazione acustica e improvvisazione elettrica, con Willers impegnato nei suoi splendidi giochi di interposizione elettrica; nei tre lunghi brani che compongono il concerto riemerge quella contrapposizione tra furia improvvisativa e strane oasi di pace che distraggono il pensiero, ma allo stesso tempo si crea un’unità di intenti musicali pur tra musicisti che impongono un proprio stile: Schubert ha di fondo un tono gemente, straziante, sempre avvinghiato sulle note alte, la tromba di Bauer ha un atteggiamento che sta tra l’incoerente e il dolente, Kellers si apprezza per il rivestimento in cui ingabbia l’improvvisazione, mentre Willers cerca in continuazione (nell’elevata combinazione di suoni distorti) un modo per conferire organicità all’improvvisazione, usando talvolta la chitarra alla stregua di un segnalatore radar. “Live in Madrid” è quindi essenziale per ascoltare una delle migliori espressioni del jazz improvvisativo tedesco (al pari dell’omonimo album del 2007 e del più acustico “Coordinates” del 2010) e, per coloro che non l’hanno fatto, apre una finestra di ricerca su un certo tipo d’improvvisazione libera in terra europea invitando al riascolto della discografia collegata a questi musicisti.