Nel 1981 il compositore Giorgio Battistelli diede un nuovo scossone nel teatro musicale moderno: basando la sua proposta sul concetto di narrazione e ricerca drammaturgica, Battistelli con “Experimental Mundi” creò uno dei primi abbinamenti post-industriali nel teatro musicale contemporaneo. Si trattava di un patchwork in cui si mescolavano in sincronismo temporale e ritmico i suoni “concreti” delle attività artigianali (fabbro, pasticciere, selciaioli, calzolai, arrotini, etc.) chiamati a partecipare sulla scena attraverso la creazione in tempo reale di un manufatto stabilito nell’arco di durata della composizione; a loro si univano un narratore/recitatore, che snocciolava contemporaneamente la didascalia delle illustrazioni dell’Enciclopedia illuministica di Diderot e D’Alembert fatte soprattutto di commenti agli attrezzi usati dagli artigiani; poi, un estemporaneo coro di voci femminili (le mogli degli artigiani che nominano i mariti), un percussionista a rendere ritmico ed incessante il racconto e la direzione di Giorgio, una sorta di conduction che sfrutta gli elementi a sua disposizione. Uno degli scopi principali della realizzazione era la celebrazione di un certo tipo di vita e del problema della scomparsa di quei mestieri, in tempo di pieno sviluppo economico; oggi con la crisi che imperversa, a distanza di oltre trent’anni le figure del pasticciere, calzolaio o fabbro forse hanno subito una profonda rivalutazione, ma è innegabile, tuttavia, dal punto di vista musicale che quell’intreccio era certamente qualcosa di nuovo e creativo nel mondo teatrale e le gratificazioni ottenute in tante parti del mondo spinsero Battistelli a continuare ad operare su quella strada: vennero presi in considerazioni altri personaggi (da Aphrodite a Jules Verne, da Rembrandt a Frankstein) mantenendo stilisticamente un impianto diviso tra voce recitante e musica che solleticava la voglia di ritornare in teatro. Purtroppo le opere di Battistelli hanno ricevuto poca attenzione in termini di registrazione e se si escludono l’antemica Experimental Mundi, Prova d’orchestra e alcune registrazioni sinfoniche in “Anarca” tutte edite per la Stradivarius, il resto della sua produzione rimane ancora fuori: non so se sia un problema di riscontri (la visione dal vivo è certamente qualcosa di diverso dalla fruizione su cd) ma sembra che questo trend possa essere invertito e negli ultimi anni ci sia più attenzione verso quest’aspetto. Tant’è che sempre la Stradivarius pubblica con celerità un suo monodramma del 2006, L’imbalsamatore, dove la voce recitante di Carlo Massai si introfula nella vicenda di un uomo che ha il compito di imbalsamare il corpo di Lenin, ma che alla fine, preso dal racconto delle sue vicende personali e dalle critiche alla politica comunista, sbriciola senza volerlo il corpo dello statista russo e decide di sostituirsi a lui iniettandosi il liquido previsto per l’imbalsamazione. Massai ha il netto predominio sulla scrittura musicale (i musicisti dell’Icarus Ensemble sono gli esecutori), dove quest’ultima è costruita in funzione delle vicende. Tuttavia, in un raffronto monco con il passato in cui si deve ammettere di non avere avuto la fortuna (purtroppo) di assistere ai suoi lavori precedenti in teatro, l’idea è che Experimental Mundi o anche più tardi “Impressions d’Afrique” tratto dall’immaginifico mondo surreale di Roussel, fossero episodi più disposti ad un compromesso musicale, dove invece L’imbalsamatore ha un profilo nettamente più a favore dell’impeto scenico. Comunque sia, a Battistelli bisogna riconoscere la portata storica di aver sviluppato in maniera perfetta il potere “evocatorio” delle parole, selezionando il giusto valore delle sensazioni o dei concetti che esse vogliono sprigionare anche partendo dagli accenti o dalla carica aggressiva di esse e di averle trasposte nel mondo musicale, realizzando una nuova coniazione sinfonica, fatta di suoni e parole. Un nuovo linguaggio teatrale ed un percorso molto, molto lontano dalle pastoie dell’operistica internazionale.