Nonostante in queste pagine il nome di Terje Rypdal è stato frequentemente richiamato, è impossibile non sottolineare la bellezza delle nuove registrazioni che il chitarrista norvegese ha inserito nel suo ultimo cd-Ecm in cui compaiono due effervescenti commissioni sotto i nomi di Melodic Warrior e And the sky was coloured with waterfalls and Angels. Per la prima di esse viene chiamato a raccolta l’intero Hilliard Ensemble con l’aggiunta dell’orchestra Bruckner di Linz con Dennis Russell Davies come conduttore; come già la copertina lascia presagire si tratta di una composizione di elevazione spirituale tramite la musica, che fa pensare alle forme allungate delle architetture gotiche sempre slanciate verso l’alto. E’ uno sfogo corale in cui viene inserita la chitarra elettrica, anzi la si potrebbe chiamare composizione per chitarra elettrica, coro ed orchestra. Sta di fatto che qui l’attrazione è verso una categoria molteplice di ascoltatori: piacerà agli amanti della chitarra, a coloro che seguono con passione la musica sacra e anche a quelli del jazz, quelli che da tempo hanno rinunciato alle formalità ed accettato le proiezioni in confini di conoscibilità dettati solo dallo spirito dell’improvvisazione. “Melodic warriors” ha quindi un suo punto di forza in quella trasversalità che da molto tempo accompagna la proposta di Rypdal: “My music reaches for the sky” (uno dei brani della raccolta) è l’approccio programmatico del norvegese che usa le armi di una serenità culturale per scardinare le difese circoscritte dei generi. Si tratta di pulsioni in cui fondamentale diventa l’apporto delle voci dell’Hilliard che segna un punto di riferimento imprescindibile in cui Rypdal come un grande architetto si introduce riempiendo gli spazi con la sua visione chitarristica fendente, tra avvolgimento e sogno, una specie di energia propulsiva che se chiudete gli occhi vi permette inaspettatamente di solcare gli spazi del cielo. Rispetto agli esperimenti fatti da Garbarek con l’Hilliard Ensemble c’è qualche differenza che non risiede certo nella melodicità: la prima è che non c’è un testo latino-religioso da prendere in considerazione poichè i testi sono presi dalla letteratura dei nativi americani (Chippewa, Navajo, Pima, Papago); la seconda è che la partitura del coro si sposta molto temporalmente rispetto al medioevo di Garbarek ed è meravigliosamente condivisa tra istanze polifoniche cinquecentesche e annebbiamenti moderni a riprodurre quel mondo di saggezza interiore dei testi. Riguardo all’orchestrazione ho letto alcune recensioni in cui si intravede un implicito spirito Ligeti-ano di cui non so dar credito: Ligeti ci poneva delle domande irrimediabili, era in alcuni momenti un inquisitore; il lavoro di Rypdal ha metabolizzato le istanze di Ligeti ma è di tutt’altra caratterizzazione, in linea generale apre squarci, spinge a benefiche certezze in piena comunione con il suo stile.
And the sky was coloured with waterfalls and Angels è invece una suite in 4 parti per chitarra ed orchestra (stavolta senza l’Hilliard Ensemble) in cui sapientemente sono calibrati momenti di attesa strumentale ed energiche tensioni, dove l’orchestra ha ruolo dominante: Rypdal miscela, attraverso l’orchestra Wroclaw Philarmonic, la nostalgia e l’oscurità della classica nordica con le evoluzioni umorali della sua chitarra. In questa composizione viene in aiuto di Rypdal tutta la filosofia sinfonica del novecento, gli stadi da flusso di incoscienza che permeavano le tematiche inglesi e francesi, nonchè persino un alone di inaspettata magia strumentale.