I compositori più sensibili oggi si trovano di fronte ad un grande dilemma, ossia quello di trovare qualche nuova formula magica che possa essere specchio dei tempi e allo stesso tempo àncora del futuro della musica. Coloro che frequentano i “circoli” della musica contemporanea si rendono conto dell’ignobile autorefenzialità della musica alla quale, proprio in virtù di quel vizio consistente di essere in contatto spesso con esperti di musica, sentono di dare una svolta quasi ideologica.
Per molti il problema viene risolto dimenticando la funzione prospettica del compositore e riconducendo la personalità umana ed artistica entro l’alveolo protettivo del fattore espressivo. Come già ribadito altre volte in queste pagine, questo significa che l’atteggiamento critico deve badare ad altri aspetti: se è vero che difficilmente riusciremo a trovare elementi per forgiare un “riferimento” stilistico storico, dall’altra potremmo scoprire nuovi talenti del post-moderno. Non si tratta di un ragionamento di coerenza con i propri pensieri, ma piuttosto di verificare sul campo quelle diversità di espressione che costituiscono anche uno dei principi fondamentali di madre natura.
Uno dei filoni musicali classici che più colpisce la fantasia e creatività dei compositori odierni è quello legato alla sonata (soprattutto per violino e piano), forma di cui si cibarono i compositori classici. Con le partiture di Beethoven si pensava di poter esaurire le possibilità tecniche ed emotive di quella formula intima, in realtà da lui partì un processo che diventò pietra angolare per il rinnovamento di una musica da camera che ebbe il massimo splendore alla fine dell’Ottocento, quando l’Impressionismo francese magnificò i contenuti: in particolare il trio (ossia piano, violino e cello) costituì l’espressione pragmatica di un nuovo modo di intendere le vicende della vita attraverso la musica: Faurè, Debussy, Ravel in Francia e ispirate catene di compositori russi, inglesi ed italiani, montarono una perfetta rappresentazione del ricordo. Quella deliberata assenza mnemonica rinveniente dalla musica (da estendere all’attività dei quartetti d’archi nonchè a tutta la produzione da camera in progressività numerica) delineò gli inizi di una nuova società di cui ancora oggi si sprecano gli omaggi per la sua intrinseca bellezza. E’ soprattutto nelle rappresentazioni di eventi difficili della vita (se non tragici) che veniva fuori quella capacità nostalgica e nebulizzatrice della musica in grado di creare una sorta di reazione esorcistica all’accaduto. Si potrebbe pensare alla musica come mezzo di azzeramento della memoria, una sorta di “sballo” che Stravinsky avrebbe rifiutato senza mezzi termini.
Nell’àmbito del piano trio, le generazioni di compositori post Ravel pian piano portarono delle variazioni funzionali: i compositori neoclassici della Belle Epoque francese proponevano delle varianti forgiate sulla propria visuale artistica, cosìcchè Poulenc e Milhaud (ad esempio) cambiarono il cello con il corno o il clarinetto. La realtà fu che si era creato un modello essenziale: solo alcuni si permisero più in là nel tempo di creare nuove forme intraprendenti basate sulla loro debordante espressività: Ligeti fu uno dei pochi a riuscire nel tentativo, di donare a introspezioni camerali di memoria classica un abito contemporaneo: il suo trio per piano, horn e violino è una perfetta ed equa rappresentazione del suo stile inquisitorio con la tematica della dolce malinconia proveniente dagli esperimenti di oltre cinquant’anni prima.
Il compositore tedesco Tobias PM Schneid (1963) ha recentemente pubblicato tramite Neos R. un cd rappresentativo “New Works” in cui lo stesso affronta la materia compositiva dando una risposta concreta alle nostre argomentazioni: nelle considerazioni fatte in quest’articolo ho probabilmente sviscerato gran parte del suo pensiero*, ma è innegabile che i suoi due piano trios rappresentano alcuni dei migliori aggiornamenti sulla materia degli ultimi anni, fondando il loro fascino sul concetto di espressione. Ma incontestabile è la vena utilizzata anche per altra produzione, soprattutto su forme egualmente non invadenti come il capriccio per violino solo o le bagatelles per piano solo.
Nota:
*le relazioni esplicite da Beethoven a Ligeti, nonchè le influenze francesi sono le fonti principali del suo lavoro, aspetti che troverete ben evidenziati nelle note interne del cd.