“The enchanted 3” shows the powerful exercises to control the directionality of improvisation, where the interaction among the musicians is an essential condition for their full expression. It is all based on research, through the sounds, of an enchanted landscape, but not dominated by ecstatic visions, but by scenarios in constant motion, like a dense scene, full of surprises: a dimension that belongs more to the wonderful territories of a confused Alice, rather than to those expected of the Egyptian Sphinx.
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Uno dei risvolti dell’improvvisazione può essere trovato anche nella rinascita di quel nuovo tipo di teatro inaugurato con la contemporaneità: è in quella sede che il labile confine tra composizione ed improvvisazione ha iniziato a vacillare. Il caso della soprano estone Anne-Liis Poll è la dimostrazione di come le divaricazioni di pensiero spesso portano gli stessi risultati. Dopo molti anni condivisi tra canto operistico ed insegnamento, la Poll ha voluto approfondire i concetti dell’improvvisazione libera unendosi quasi stabilmente al pianista Anto Pett: traendo beneficio dall’ampia esperienza accumulata nel settore operistico tradizionale, la cantante si è servita di tutto quello che l’onomatopeica scena ha offerto negli ultimi cinquant’anni. Con una evidente predisposizione vocale per il tipo di canto barocco (da lei ampiamente sperimentato in passato nelle opere di Bach o Handel), la Poll ha sposato tutta la filosofia moderna del canto stesso, ossia quella che partendo dalle sperimentazioni dal mondo classico è deflagrata (a metà degli anni settanta circa) nel jazz. Se lo scopo è quello di dimostrare, attraverso l’improvvisazione, un maggior accostamento a determinate sensazioni, allora è naturale spostare l’attenzione dal “trillo” romantico a quello fonemico, un obiettivo da raggiungere anche nell’esibizione fatta con Pett e il sassofonista Vlady Bystrov nell’ottobre del 2012 all’Estonian Academy of Music and Theatre e diventata una registrazione. “The enchanted 3” mostra poderosi esercizi di controllo della direzionalità dell’improvvisazione, dove l’interazione tra i musicisti è condizione essenziale per la loro completa espressione. Se la Poll diluisce i suoi vocalizzi con una serie di effetti non secondari del linguaggio verbale tipo pantomine, sussulti, soffi, fraseggi non-sense ed altro ancora, Pett si presenta in una veste più “contenuta” rispetto alle prove solistiche, alla ricerca (anche tramite zone del piano preparate) del miglior sfondo da imprimere all’improvvisazione generale; Bystrov da parte sua, diviso tra sax e clarinetto, contribuisce ad arrotondare gli angoli e il suo suonare frammentato, ci porterebbe ai temi di Ain’t necessarily so laddove i frammenti fossero ricongiunti.
“The enchanted 3” è quindi tutto basato sulla ricerca, attraverso i suoni, di un paesaggio incantato, dominato però non da visioni estatiche, ma da scenari super-movimentati, in continua aggressione scenica, che però proiettano più in quella dimensione meravigliosa da territori confusi pro-Alice piuttosto che in quelli sperati della Sfinge egiziana.