Tradizioni e folk songs nella classica irlandese

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Steven Damron, davies hall interior 1, https://creativecommons.org/licenses/by/4.0/, no change
I bardi erano i depositari delle memorie storiche del popolo inglese: personaggi cinici ed ilari, erano in grado di costruire satire in faccia a coloro che non li rispettavano e più in là diventarono figure fisse delle corti, coerentemente alla loro funzione nomade che li contraddistingueva. Questa sorta di menestrelli di alto profilo erano, in una concezione leggendaria, i più profondi conoscitori delle tradizioni e dei fatti storici accaduti nella patria britannica: dopo l’età rudimentale del componimento medievale, i bardi resistettero come fonte di apprendimento fino a che la società non si organizzò nelle forme scolastiche ordinarie: ma la loro musica conteneva le vicissitudini del popolo, soprattutto quello che dovette essere immortalato in canzoni rivolte al ricordo di eventi bellici o di partenze strazianti. Intorno alla fine del seicento esisteva oramai un corpo già unitario e cospicuo di canzoni tradizionali celtiche di cui oggi se ne omaggia il ricordo in molte raccolte, tramite un compositore cieco di nome Turlough O’Carolan (1670-1738) ricordato anche come un pioniere dell’arpa.
Tuttavia, uno dei primi compositori irlandesi ad accogliere temi tradizionali in piena epopea classica fu Thomas Moore (1779-1852), che dovendo soddisfare una commessa del suo editore, scrisse testi e musica di alcune canzoni che distillavano aromi folk pur essendo costruite in forme occidentali; Moore può essere considerato quella fonte che fornisce il collegamento tra il pensiero compositivo occidentale e quello irlandese nel passaggio dalla tradizione classica a quella di tutto l’ottocento romantico: Charles Villiers Stanford (1852-1924) si ispirò a lui nel delineare un sistematico e costruttivo ricorso alla citazione popolare: nella sinfonia dedicata (la n. 3) e nelle sei “rapsodie” irlandesi, Stanford delineava un modello diverso da quello regale di Elgar, dove il tema tradizionale riempiva le melodie delle linee orchestrali (da questo punto di vista sterile si presenta la critica che gli venne mossa per via della somiglianza a Brahms).
Agli inizi del novecento in Gran Bretagna, intanto, si sta formando compiutamente una mentalità impressionistica: qui l’apporto della tradizione si miscela ad un nuovo tenore dell’orchestrazione, che nel gergo viene ricondotta al termine “pastorale”: Ralph Vaughan Williams (1872-1958) fu uno dei primi a concepire il concetto della “raccolta” dei temi popolari e del loro inserimento nella struttura compositiva: il tema di “Greensleeves“, quelli provenienti da Norfolk (rapsodie non terminate che invero nascondevano la volontà di comporre una sinfonia) e altri temi, tra cui la stessa terza sinfonia (“Pastoral Symphony“) abbinavano le melodie tradizionali con quel senso di incoscienza fluttuante dell’impressionismo: la stessa pastoralità (che nel caso di Vaughan Williams aveva riferimenti alle vicende della prima guerra mondiale) non acclarava nient’altro che quel senso latente di quieto divenire, ma in maniera subdola proiettava nel paesaggio delle campagne britanniche.
Ernst John Moeran (1894-1950), ancor più di Vaughan Williams, fece della tradizione un vero e proprio motivo della sua arte compositiva: nettamente ignorato fino a qualche decennio fa, Moeran visse molta parte della sua vita a stretto contatto con il popolo, cercando in ogni angolo di strada, canzoni o tunes da poter collezionare: è in molta parte della sua attività concertistica che ci si accorgerà dell’inserimento dei temi tradizionali e del loro maestoso amalgamarsi.
Il revival della composizione trasversalmente abbinata alla folk songs è processo che è continuato anche dopo il 1950, anno in cui le modernità avevano inferto un duro colpo al processo di contaminazione: questo processo andò di pari passo con una crescente internazionalizzazione del “flusso folk” irlandese che si estrinsecò in mille modi (ormai non si contano più le ondate di revival della musica irlandese). Tuttavia si segnalano (e questo a differenza della rarefazione prodotta nella regione scozzese*) alcune eccezioni che cercarono di adeguarsi alle nuove caratteristiche provenienti soprattutto dalle spinte seriali: quei compositori che hanno tentato molto sommessamente di scavalcare la tonalità per sporadiche occasioni di integrazione della tradizione popolare con le tecniche seriali furono A.J. Potter (1918-1980), Gerard Victory (1921-1995) e Seòirse Bodley (1933) di cui in stretta connessione discografica vi è un buco, un’attività evidentemente accuratamente evitata per ragioni politiche, ma che ha come risultato ignobile la forte carenza di documenti sonori; così come Eric Sweeney (1948) è la figura intorno alla quale si è cercato di costruire una nuova integrazione tra tradizioni popolari e minimalismo: tra i molti compositori il giovane, interessante compositore irlandese, Donnacha Dennehy (1970) potrebbe esserne un suo moderno e degno discepolo.
Nota:
*per la corrispondente tematica scozzese vedi il mio articolo: Tradizioni e folk songs nella classica scozzese.
 
 
Discografia consigliata:
-Celtic Treasure -The legacy of Turlough O’Carolan, Narada
-Thomas Moore’s Irish Melody, Roberts, Hyperion
-C.W. Stanford, Six Irish Rhapsody, Ulster O., Handley, Chandos
-Vaughan Williams, Pastoral Symphony/Norfolk Rapsodies, Chandos
-Moeran, Whitehorne’s shadow/Cello e Violin Concerto, Ulster O., Bournemouth Sinfonietta, Handley, Del Mar, Chandos
-A.J. Potter, Finnegan’s wake/Variations on a popular tune/Sinfonia De Profundis, National Symphony Orchestra of Ireland,  Houlihan, Marco Polo
-Bodley, Small White cloud drifts over Ireland/Chamber Symphony 1/Symphony 2, Houlihan, RTE National Symphony, Rte Lyric FM
-Romantic Ireland: Victory/Potter/O’Connor/Larchet/Duff/O’Riada, Marco Polo
-Sweeney, Walk don’t walk su Chamber Music (vari comp.), Triocca, RTE Lyric FM
-Denney, Grà agus brà, Nonesuch
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.