Ricordo che quando ero bambino (per lo più intorno ai cinque anni) amavo sdraiarmi sulla mia sediolina, avvicinandola quanto più era possibile all’elettrodomestico della lavatrice: le sue emissioni sonore (che seguivano tutto l’itenerario del lavaggio) mi affascinavano come una calamita; non so se vi è mai capitato di farci caso, ma quei suoni nella loro imperturbabile meccanicità, mi donavano un inaspettato benessere: dal risciacquo al candeggio, compreso le pause silenti in fase, era la scoperta di mondi sonori inaccettati ma terribilmente piacevoli.
Questa mia sterile enfasi sull’atto del lavaggio in realtà è un’apertura utile per introdurre temi cari a tutti coloro che lavorano sui suoni concreti o elettroacustici: negli ultimi dieci anni uno dei più affermati musicisti/compositori che sta lavorando a nuove definizioni dei suoni naturali o meccanici è lo svedese BJ Nilsen (1975). Introdotto alla Touch Record, lo svedese migliora come il buon vino, e sta dimostrando di poter andare oltre la semplice riproduzione dei suoni catturati attraverso un microfono (le field recordings): un messaggio invero non tanto scontato quando ci si è al cospetto della storia dei campi di suono registrati. La volontà di superare mentalmente l’oggetto puro e semplice scaturente dai suoni con finalità di più ampio raggio non è certamente un risultato ottenibile mettendo assieme pezzi di registrazioni dal vivo, manipolazioni e tanta pazienza al computer: la semplice rappresentazione della realtà deve lasciare spazio alla creatività, nel nostro caso fornire un messaggio in codice che vuole trasformare semplici considerazioni in complesse riflessioni.
“Eye of the Microphone” rispetta tutte queste caratteristiche succitate, poichè aldilà del gesto tecnico, tende a scovare una realtà nascosta, totalmente immaginata, veicolata dai suoni: viaggiare nei mezzi di Londra (metro, treni, bici) e sondare lidi ed uccelli delle acque dei dintorni del Tamigi è il modo naturale per raccogliere suoni significativi e creare nuovi concetti. L’esperienza d’ascolto ci restituisce mille sfumature “gradevoli” che si affiancano ad uno spazio più ampio in cui vivere direttamente le emozioni: quando quei treni, bici o aerei si odono in lontananza, il panorama sonoro è dominato dal rapporto con la natura e dai suoi eventi: tutti i suoni sembrano prender forma in sembianze vitali. Ma BJ Nilsen va oltre: prende alcuni di quei suoni e li porta in una dimensione onirica; in tal senso persino l’impercettibile sibilo dell’impianto di condizionamento di un pub può diventare simile ad un raga.
Nilsen sembra essere uno dei più addentrati scopritori delle realtà acustiche cittadine: non solo in termini discografici (“Eye of the microphone” può idealmente costituire la continua di “The invisible city” (Touch, 2010)), ma anche editoriali poichè egli sta per terminare la pubblicazione di un libro con cd annesso, rivolto al tema della città acustica in coabitazione editoriale con Matthew Gandy,