I pensieri della E. Zeitklang si rivolsero nel 2011 alla compositrice tedesca Charlotte Seither (1965), firmandone un suo profilo musicale attraverso la raccolta “Essay on Shadow and Truth“; padrona del dettaglio della partitura, la Seither spiega come esista una “terza dimensione del suono” (oltre al timbro e alla sua durata), uno spazio interno che misura la sua profondità: è qualcosa che esiste nelle spaccature della musica ma che non viene materializzato sul pentagramma. E su quest’aspetto che la compositrice si impegna, sulla struttura microscopica del suono, sulla necessità di dare una forma, un corpo ed un nome a questi suoni reconditi, legati alla percezione della qualità di quegli spazi aperti dal nostro sistema cognitivo. E’ una sorta di verità oggettiva dei suoni nascosta nelle ombre e pieghe delle note: si tratta di nobilitarle attraverso l’individuazione delle percezioni sonore, di poterle identificare attraverso anche una loro divisione e poi ricostruzione; dal punto di vista pratico si tratta di entrare nei microtoni attraverso tecniche non convenzionali e poi fotografare le micro-particelle sonore ottenute. Nel pezzo per pianoforte “Gran passo“, in “Herzfalter” per tenore e piano, nonchè nei ventisei minuti di “Essay on shadow and truth“, quel concetto di vivisezione/ricostruzione dei materiali semplici è più udibile e ci proietta in un’inedita dimensione delle teorie di Lachenmann: è qualcosa che a prescindere dalla sofisticazione, restituisce ai suoni la loro autenticità e scopre gradevolissime aree di ascolto incondizionato.
Compositori scaccia crisi: Charlotte Seither
I rischi maggiori per un compositore sono quelli legati alla mancata caratterizzazione musicale delle sue produzioni: specie nel campo della musica contemporanea il fattore legato alla temporalità della proposta e soprattutto l’estenuante ricerca di nuove possibilità creative difficili da cogliere, possono essere elementi che hanno come conseguenza quella di non lasciare nessun ricordo. La Germania contemporanea, pur continuando a rivestire un ruolo guida nell’approfondimento delle molteplici prospettive aperte dagli studi accademici e non, a livello generale qualche dubbio di appiattimento lo trasmette, soprattutto quando si valuta la maturità artistica dei compositori nati dopo il 1970. Forse è un’analisi incompleta ma sono in molti i fattori che contribuiscono a questo consolidamento innocuo, provocato sia dall’asfittico interesse di mercato sia dalla riflessione personale del compositore, che in cerca di una sua identità si ricollega a retoriche non evitabili; ciò sembra più evidente nelle generazioni dei più giovani, capaci di enucleare un corpus di novità che è qualcosa che spesso è utile solo per l’intelletto. Tuttavia questo sano oblio non è nemmeno un principio senza eccezioni, anzi qualche volta si smentisce grazie anche all’impegno di produttori ed etichette discografiche: alcune di esse come la Kairos, Wergo, Neos o la Editions Zeitklang sono tra quelle poche realtà impegnate sul fronte della visibilità dei compositori contemporanei. Esse si stanno adoperando per una sistemazione minima del patrimonio musicale recente in cui farsi carico di quell’ignobile mancanza che pervade il mondo della contemporanea allorchè non riproduce su supporto discografico la gran parte della produzione dei compositori: ci si ferma all’edizione dello spartito, al suo approdo a qualche manifestazione e quando va bene si arriva magari ai proms; ma quello che manca spesso è un profilo del compositore che permetta una valutazione più globale e soprattutto disponibile per tutti gli utenti.