Non c’è dubbio che lo spettralismo sia da considerare come una delle forme più appariscenti dell’approfondimento musicale effettuato dai compositori sul timbro degli strumenti: tuttavia la stragrande maggioranza di coloro che hanno lavorato sulle serie armoniche rivisitate dai computers hanno quasi totalmente adeguato l’approccio scientifico ad un livello tale da essere adoperato per utilizzi “semplici” dei timbri: spettri che duplicano intervalli musicali puri o al massimo rettificati per quarti di tono. Se è vero che dopo tanta investigazione alla fine è prevalso comunque il senso artistico, è anche vero che il ricorso ad una composizione che sfrutti in qualche modo suoni elargiti per sfruttare il loro potenziale armonico, è diventato parte di una formazione ricorrente dei contemporanei odierni, che hanno inserito pedissequamente la lezione della magia e della sospensione dei suoni negli strati e nelle tessiture delle loro partiture. Senza aver paura di essere smentiti, si può tranquillamente affermare che la contemporanea odierna è spesso un “post-moderno” di essa, dove gli elementi compositivi hanno la possibilità di combinarsi e trovare nuove possibilità; e quando mi riferisco al termine “post” serbo il ricordo solo per combinazioni tra tecniche rinvenute nell’era dell’approfondimento del timbro (1950 in poi), poichè di altra natura sono quelle che intercettano anche surrettizi elementi rinvenibili nelle altri arti e nella cultura di quel determinato compositore.
La compositrice estone Helena Tulve (1972) si adatta perfettamente a quest’ultima considerazione, poichè essa mette musicalmente sè stessa di fronte all’arsenale delle scoperte timbriche, prendendo in consegna quella parte che ne individua i caratteri psicologici, in maniera molto meno oggettiva del modello spettralista; la sostanza armonica subisce una sorta di compensazione quasi metafisica con la spiritualità della musica e in ciò trova quel carattere di originalità che la fa emergere dall’universo dei giovani compositori, da tempo invischiati in un processo di consolidamento del genere contemporaneo. La Tulve si serve del grado di organicità che ha contraddistinto lo spettralismo, ma rivela un suo progetto ben distinto, che ha la capacità di immedesimarsi nei temi presentati. La sua è un’opera completa, poichè tenta di evocare le immagini dei suoi argomenti attraverso una struttura compositiva che cerca a tutti i costi una lodevole anima dei suoni da offrire ed incarnare. Nella sua musica non sono sufficienti i paragoni di stile verso Berio, Ligeti o Grisey, c’è qualcosa che incrocia le culture, le religioni e la forza dell’universalità dei temi: il canto gregoriano è deturpato del suo carattere estetico affinchè si possano creare armonie assolutamente fuori dal conscio, così come il canto d’opera che vive in simbiosi con le note è quanto di più sensato e consono dovrebbe esprimere il canto classico; la sua musica è una splendida dimostrazione di quanto valga il contenuto emotivo delle sue rappresentazioni e di quanto sia importante la sua realizzazione ai fini dell’arte musicale.
Per Helena la Ecm R, ha appena pubblicato una nuova raccolta di sue composizioni, dopo l’esordio molto apprezzato di “Lijnen”, raccolta che prende il nome da una sua composizione in cui il testo poetico è tratto dalla tradizione degli ebrei sefarditi. “Arboles Iloran por Iluvia” vi fa entrare in un difficile ma emozionante campo di memorie dove gli alberi piangono per la pioggia e le montagne sono messe a dura prova dal vento, con angeli presenti ma trasparenti. Vocalità e strumenti si inerpicano o si accartocciano su modalità atmosferiche create anche semplicemente da un organo o un trombone (“Reyah hada ‘ala” è un poema di Shalom Shabazi) o da effetti percussivi (“Silence/Larmes” è tratto da una poesia di Madre Immacolata Astre), oppure ci pensa un’orchestra a creare la psicologia musicale sottostante (“Extinction des choses vues” deriva da un testo del pensatore gesuita Michel de Certeau).
Esecutori straordinari.
Esecutori straordinari.
Il cielo e gli abissi.
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Un tourbillon d’insectes anime l’écho du soleil
Le silence en passant a resserré toutes les coutures de mon ame
Silence de juin: baume pour l’année!
L’orage au loin menace-t-il l’éternité?
Une seule cloche la rassure
Un insect qui recule et ralentit le temps
Un papillon nocturne m’a touché survivant de mon enfance
Dans la vallée, sonne le glas du silence.
Et sur le sol crissent maintes feuilles froissées
Serait-ce la splendeur d’un automne blessé qui transporte nos ames à la plus haute instance?
De toutes nos douleurs l’air meme s’est tissé.
Poems by Mother Immaculata Astre, attuale Badessa di Le Pesquié.