David Helpling & Jon Jenkins: Found

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Molti musicisti o compositori spesso pongono l’attenzione sul fatto che un grande opera musicale si vede da ciò che offre all’inizio e alla fine, tutto il resto viene sostanzialmente da sè, ma non è vitale quanto quei due elementi. Si può essere in disaccordo, ma è quanto succede in “Found“, ulteriore collaborazione tra due musicisti ambient statunitensi molto apprezzati, il chitarrista David Helpling e il tastierista Jon Jenkins.
In effetti l’inizio di “The opening” è debordante, giocato sull’entrata di un riff di chitarra caricato di sintesi ritmica, emotivamente come liberarsi di un fardello; cosi come la finale “For the ages” si sviluppa su un armonico effetto di piano e di synths arricchito da quella stessa ritmica che chiude il cerchio.
Nel caso della musica di Helpling e Jenkins scorrono parecchi dna riconosciuti, tant’è che da essi si può sfilare quel cordone ombelicale che lega la chitarra a salice piangente di Robin Guthrie a quella in delay time di The Edge fino ad arrivare alle quelle riflessive di Wollo e Pearce; così come è facile scoprire allo stesso tempo il sottile legame tra i synths di Tangerine Dream e Jarre e lo space di Michael Stearns.
Tutto prevedibile allora? No, perchè un orecchio esperto sa fare le dovute differenziazioni e qui, almeno il mio, mi dice che “Found” è diverso. Una sorpresa piacevole, dal momento che ero incappato senza speranza nel loro ascolto (i precedenti lavori mi risultavano estremamente ordinari) che risulta compromessa dal fatto che sembra essere l’ultima collaborazione tra i due musicisti. “Found” è fondato sulla logica di come costruire palazzi un pò alla volta, dopo aver corretto il tiro dei tentativi: infatti, sebbene stilisticamente le differenze con i lavori precedenti non siano state affatto stravolte, quello che è stato raggiunto è quell’equilibrio tra idea musicale e loro organizzazione, una relazione che è stata alla base dei migliori e più efficienti lavori di ambient o new age music. Forse i due musicisti dimostrano qui ancora qualche scoria del passato, ma questa sorta di mediazione tra quello che rinviene dai precedenti lavori e quello che forse si sta pensando di fare con la maturità, potrebbe essere fondamentale per il loro futuro di musicisti (spero anche singolarmente).
Tra gli altri detti che circolano nell’arte, c’è anche un’altro che convenzionalmente viene ricordato tra i musicisti: quello che difficilmente si riesce ad avere due idee buone nel corso della vita artistica, circostanza per cui potremmo contare su un’unghia coloro che ne hanno avuto almeno due nel tempo: Helpling e Jenkins, naturalmente, non fanno parte al momento di costoro, ma nel progetto dell’unica risorsa artistica possibile, sono sulla strada giusta, che è quella di lavorare sui particolari sonori e cercare di spogliarsi di tutti i fronzoli e le retoriche, di creare una new age “universale” basata sulla musica che sia in grado di prescindere dalle abneganti aspettative di qualsiasi ascoltatore di credo musicale diverso. In tal senso, è impossibile non apprezzare le preziosità create nella seconda parte di “Only ashes“, il candido romanticismo che scaturisce da “Through tears” o il complemento che ricava l’ambientazione sonora nella parte centrale di “Found” grazie ad una voce eterea sullo sfondo e a dei drones combinati che accecano per la loro compostezza. Sono suoni “buoni” e che “durano”, perchè pensare ad altro?
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.