Peter Batchelor è un compositore elettroacustico di Birmingham con specializzazione nel settore della spazializzazione e delle installazioni sonore. E’ tra quei compositori che ha approfondito una delle problematiche più affascinanti della teorie elettroacustiche, ossia quella della costruzione di apparati sonori del tipo “trompe l’oreille“, cioè che “ingannano” l’orecchio, facendoci credere di vivere la fonte sonora al suo interno.
La Pogus Records, una delle attuali etichette più attive nel campo dell’elettronica ed elettroacustica vista nell’ottica della sperimentazione e delle interazioni astratte, ha recentemente pubblicato un compendio del lavoro di Batchelor in cui l’inglese formalizza in una registrazione i suoi studi decennali sull’argomento. Il cd raccoglie i cicli sperimentati dal vivo di “Kaleidoscope“: il riferimento è a quei piccoli aggeggi tubolari che hanno avuto tanto successo nel passato, aventi un foro visivo all’estremità, utile per intravedere un gioco di perline dinamico, messo in moto dalla rotazione del tubo. Come spiega Batchelor nelle note, questa generazione simmetrica dinamica di immagini può essere anche applicata al mondo dei suoni, quando si pensa ai rapidi cambiamenti che il suono stesso può subire per effetto di una particolare configurazione dello spazio o del movimento dei musicisti o degli ascoltatori nello spazio richiesto dall’esibizione. La musica è sempre quella, ma la percezione di essa cambia in virtù della nostra posizione fisica.
Per le sue installazioni Batchelor utilizza delle basi pre-registrate che si accompagnano ad un sistema di altoparlanti a 8 o a 12 canali dispiegati nella sala secondo un ordine rigido di allocazione. Lo scopo di “Kaleidoscope” è quello di ricreare un ambiente sonoro in cui poter “vivere” in prima persona queste dinamiche del suono, ed è certamente da quest’ultimo che si bisogna partire per rendere commensurabile il viaggio sonico. Nelle cinque composizioni presenti Batchelor dimostra già di avere quella capacità compenetrativa che spesso manca nel mondo elettroacustico, una marcia in più rivelata dall’attività strettamente correlata ai materiali sonori da assemblare: la riproduzione sonora stimola magistralmente il giro ottico del tubo, fornendone l’equivalente sonoro, anche attraverso stati di pausa o comunque di attesa; la dinamicità “sonica” delle perline è qualcosa che ha che vedere con il nostro movimento rotatorio, e amplificando il contesto propositivo si riescono a fornire musicalmente delle immagini forti, anche vittima della complessità degli abbinamenti dinamici, ma che sono in grado di esprimere delle sensazioni folgoranti. La bravura di Batchelor sta nel saper separare le movimentazioni in maniera da fornire quelle fasi con diversa consistenza che si “ritrovano” nel mondo sonoro che sperimentiamo.
Come già più volte ribadito in queste pagine, il fenomeno della spazialità non è ancora affrontabile in un percorso tecnologico di fruizione fisica, (come supporto Peter consiglia l’acquisto del DVD e non del cd) come un percorso che, in definitiva, lo renda disponibile come effetto della diversa percezione dell’ascoltatore: le plurime sensazioni che vengono fuori dall’ascolto della musica in una sala preconfigurata non possono essere trasferite su cd e non vedo come questo possa succedere; su questo punto la kermesse tecnologica, già preoccupata per la carenza di vendite del cd, penso sia solo in grado di “collassare” l’ambiente spaziale in una versione stereofonica, in cui però apprezzare un unico e generico punto di vista dell’ascolto di questo tipo. Se mi trovassi in posti diversi della sala la mia percezione dei suoni sarebbe diversa. Grazie al computer qualche novità non è mancata anche nella tipologia della fruizione, penso ad. esempio a ciò che è stato fatto per costruire dei cds che possono essere letti dinamicamente, in cui i files musicali possono essere ascoltati solo tramite un pc che li riproduce in maniera sempre diversa e casuale. Tuttavia è senz’altro più difficile trasferire concetti di variabilità della registrazione a seconda delle nostre percezioni. Ma, al di là di considerazioni tecniche, i cicli di “Kaleidoscope” risultano essere degli ottimi lavori elettroacustici, sia quando devono simulare le fratture delle perline o le loro ricomposizioni, sia quando la volontà è quella di vivere altre realtà equivalenti come la realtà sonora sfaccettata che sorge dell’ascolto dalle macchine da gioco (flippers o altro similare) come nel ciclo di “Arcade”.
Tale circostanza è ancora fondamentale per capire che comunque è sempre la qualità dell’idea e le basi del suono ad essere importanti per poter provocare quell’effetto illusorio nel nostro sistema aurale.