Quando si scrivono libri o si impongono contributi alla letteratura dell’improvvisazione, spesso si percorrono visuali specifiche che in qualche modo cercano di soddisfare un aspetto della tecnica improvvisativa; i pur validi e genuini apporti librari all’argomento non solo sono sporadici (il recente libro “Perpetual frontier: the properties of free music” del chitarrista Joe Morris è una goccia nel deserto), ma nascondono la particolare esigenza comunicativa dello scrittore. Ma qual è lo stato dell’improvvisazione oggi? E’ la domanda a cui il compositore Alessandro Sbordoni ha cercato di rispondere curando in un’unica raccolta una serie eterogenea di interventi di teorici della musica, filosofi, musicisti ed improvvisatori. Capire e inseguire la pratica dell’improvvisazione è materia che non può più essere relegata ad un nefando intervallo di creatività, non deve essere considerata libertà prescindendo da contenuti didattici esistenti, ma ha bisogno di essere studiata e soprattutto posta in relazione ad altre discipline anche extra-musicali. Quello che è avvenuto nel mondo della musica dopo l’avvento dell’aleatorietà e nella fragranza dello sviluppo delle arti visuali è qualcosa che mette d’accordo teorie estetiche, psicologia, interazione e miglioramento delle capacità relazionali: una fitta rete di rapporti che sembrano invisibili, ma che servono per dimostrare come l’improvvisazione tenda al raggiungimento di un equilibrio personale e collettivo.
Rimanendo sempre molto vicino al concetto dell’espressione artistica, Sbordoni divide gli argomenti in tre macroaree: una prima sezione di saggistica (con anche un suo scritto) con contributi recenti di molti autori tra i quali si distinguono quelli serissimi e frutto di studi incrociati di Michel Imberty, Alessandro Bertinetto e Vincenzo Caporaletti. Una seconda sezione è dedicata alle testimonianze storiche con i contributi di Roberto Fabbriciani, Giovanni Guaccero, Alessandro Mastropietro e Giancarlo Schiaffini, e la terza tutta rivolta alle “pratiche”, sezione nella quale spiccano i contributi di Daniele Del Monaco, Walter Prati e Leonardo Zaccone.
“Improvvisazione Oggi” (edito LIM) ha l’obiettivo di fare il punto della situazione e si pone, quindi, come una guida semplificata ed aggiornata delle principali relazioni che l’improvvisazione ha stabilito con altre materie, indicando le sue principali conquiste nella musica, sia a livello didattico che musicale. Molti dei saggi intervengono sulla discutibile relazione tra composizione ed improvvisazione (Fantini, Hickel), una distinzione che con cognizione da più parti viene incoraggiata nel suo scadimento, mentre soprattutto nei contributi di Bertinetto e Caporaletti si insinua una proprietà formativa dell’improvvisazione stessa: “…..l’improvvisazione non è soltanto un agire in base a norme; l’improvvisazione è un agire, che nel suo dispiegarsi, può istituire norme….”, proclama Bertinetto nel suo “Formatività ricorsiva e costruzione della normatività nell’improvvisazione”, mentre Caporaletti individua una formatività di tipo audiotattile, ossia “…quel plesso psico-somatico in quanto medium formatore di esperienza, come induttore di un particolare modello di cognitività, di una condizione di pensabilità/instanziabilità della fenomenologia sonora organizzata...” vedi Caporaletti, Il principio audiotattile come formatività.
In Italia il mondo dell’improvvisazione si è svegliato con i fermenti romani degli anni sessanta: la storia le ha chiamate avanguardie, poichè lavoravano al confine impalpabile della musica ricercata: nei saggi di Mastropiero e Schiaffini si delineano perfettamente le correnti musicali della capitale che, grazie all’opera di alcuni compositori e gruppi di musicisti, costruirono innalzamenti di metodo e pensiero che oggi purtroppo rimangono titoli accademici ed oggetti sonori con poca ricettività, e data la loro difficile comprensione subiscono un fascino riservato solo ad un pubblico di esperti. Mastropiero illustra le conquiste della musica contemporanea segnalando Evangelisti, Bussotti, Guaccero ed altri, fissando, nell’interpretazione delle loro opere migliori, una sorta di canovaccio della grafia e della partitura musicale, una sorta di iniziazione su cui oggi molti improvvisatori hanno basato la loro libera combinazione di scrittura improvvisativa. Così come il saggio di Schiaffini rispolvera l’ambiente creativo del Gruppo di Improvvisazione di Nuova Consonanza, il Gruppo Romano Free Jazz e il gruppo di Musica Elettronica Viva, evidenziando la specificità della proposta italiana rispetto a quelle del free jazz europeo e statunitense ed altresì sottolineando la collaborazione con Nono che era da sempre alla ricerca di una struttura compositiva libera ed aperta alla sensibilità degli esecutori, in cui il compositore potesse avvicinarsi in maniera completa all’esecutore in una specie di delega di “ritorno” (l’improvvisatore che riesce a captare il pensiero espressivo-musicale del compositore).
La didattica improvvisativa costituisce oggi un mezzo potente per migliorare le competenze e la creatività del musicista e largo spazio viene dato, nella parte finale dedita alle esperienze pratiche, ad un suo uso innovativo, che non si debba basare sull’aderenza a modelli musicali riconosciuti. Ciò che è importante nell’improvvisazione è la proiezione, riconoscere i segnali provenienti dagli altri musicisti e convogliarli in una struttura musicale in itinere che premi suoni e persone…”….l’improvvisazione è uno spazio molto ricettivo verso gli apocalittici ma, al margine dell’universo più o meno eterogeneo degli improvvisatori radicali (la periferia delle periferie), sopravvivono lupi solitari, eremiti, disincantati, musicisti con una forte consapevolezza, in alcuni casi con una formazione classica e transfughi dalla contemporanea, che avvertono la necessità di rimettersi in gioco evadendo da un sistema produttivo, che ritengono inadeguato.…” Daniele Del Monaco, L’improvvisazione libera e il tempo. Appunti ed esercizi.
Gianni Trovalusci al riguardo, sottolinea la modificazione genetica intervenuta nell’esecutore che è diventato parte integrante del pensiero compositivo, improvvisatore e ricercatore di suoni ed empatie da poter offrire alla pratica musicale intesa senza barriere, così come senza confini si propone il pensiero di Walter Prati allorché insinua un’azione improvvisativa tesa al superamento di una “pietra sul sentiero”, intendendo per pietra quell’incontro inaspettato che l’improvvisazione deve affrontare quando non c’è nessun processo di organizzazione dei suoni alla radice: suoni, silenzi, casualità, interazioni non studiate devono rivestire un carattere di sorpresa che cozza contro la suddivisione che Sbordoni creò in occasione del convegno svoltosi nel 2012 sull’improvvisazione in cui individuava musica per schemi o musica per modelli. Nonostante non penso possa essere messo in dubbio una sorta di preventivo pensiero che guidi le linee dell’improvvisazione, alla fine ciò che importa è la creazione di contenuti emotivi, il rivivere situazioni attraverso immagini sonore che trasmettano vibrazioni, in cui il cervello sviluppi una capacità decorativa (parti e dettagli) che siano in grado di avvicinarsi alla situazione espressiva rappresentata e, per raggiungere lo scopo, sono sicuramente importanti i graduali apprendimenti che il musicista apprende nel corso della sua carriera.
L’esperienza d’ascolto dell’improvvisazione dei nostri giorni conferma che questo dono non è nelle potenzialità di tutti i musicisti (a prescindere dall’utilizzo di mezzi elettronici, elettroacustici o non convenzionali) ed esiste lo spazio per improvvisazioni di medio ed alto livello. Tuttavia, sarebbe ora di segnalare le differenze individuando tali contributi senza lasciarli al libero arbitrio degli ascoltatori: il materiale storico a disposizione può già contare su una serie notevoli di interventi.