La cultura del frammento ha nobili precursori nell’ambito della letteratura e della prosa: nello specifico il tema dell’espressione minimale, breve, è stato trattato anche in varie forme, cercando di inculcare in poche parole l’essenza di un messaggio esistenziale. Alcuni autori lo hanno usato nelle fasi più difficili della loro vita per cristallizzare un pensiero umano in negativo, altri invece ne ha valorizzato le potenzialità espressive attraverso la riflessione sugli eventi; riassumendo con molta superficialità è come mettere Leopardi in competizione contro Paul Valéry. E’ proprio a quest’ultimo che penso si avvicini la filosofia del “frammento” musicale teorizzata dal batterista canadese Michel Lambert, che giunge al secondo numero del suo “Journal des Episodes“, l’equivalente dei Cahiers dello scrittore francese. La vena musicale di Lambert (che si basa su veri e propri schizzi di minimo taglio temporale, dai 5 secondi ai 3 minuti al massimo) è la ricerca di un flashback di suoni utile non a formare un tutto, ma ad andare oltre, a fissare nell’ambito dei mezzi espressivi e dei ricordi del batterista, un “momento” musicale, così come Valéry attraverso il costante esercizio poetico cercava di scoprire quali fossero i legami tra lo spirito e il mondo e se fosse possibile trovare un equilibrio armonico nell’essenza di quei legami.
Sulla configurazione del profilo stilistico del canadese ho avuto già modo di esprimermi con il suo primo volume (vedi qui), evidenziando anche relazioni ulteriori della sua musica, ma confermo l’idea che il batterista abbia costruito con questi “giornali” un’ottima divagazione progettuale dalla sua attività di improvvisatore jazz conosciuto nella comunità musicale soprattutto come batterista di Francois Carrier. La musica di Lambert suscita la stessa corsa all’approvvigionamento delle arti relative quanto quella dell’amico sassofonista. Ma quello che insegna questa particolare esperienza è che la musica per essere ricordata ha bisogno di combinazioni di suoni che abbiano la proprietà di restare nel tempo, che fotografino gli accadimenti della nostra vita allo stesso modo con cui gli odori colpiscono l’olfatto: un piano romantico di quelli che si ascoltano nei locali serali, dei patterns percussivi che respirano libertà ed arte o le prime note che accennano simbolicamente una sinfonia o una movimentazione semplice degli archi sono fattori di una potenza deflagrante ed emblematica, dotati di una forza neurale maggiore di qualsiasi presunta incompletezza dei suoni.