Il pragmatismo orientale ha avuto modo di sintetizzarsi nella musica in vari modi influenzandone la prospettiva: sebbene l’attività compositiva giapponese non venga reclamizzata a dovere pur avendo competenze e novità, essa si ricollega nei suoi modelli a quel legame che unisce ricerca delle essenze spirituali e natura in senso ampio, intesa anche come cosmo. Se con Takemitsu si respiravano i germogli di una terra finalmente libera di esprimere le proprie oscure ricchezze, con la generazione di Hosokawa il trend si è addentrato nelle più piccole particelle del vissuto, posto senza contraddizioni in rapporto al sapere; tra i compositori che hanno avuto l’interesse ad approfondire le relazioni tra le sindromi delle “energie” positive e la musica moderna dell’occidente più oltranzista (quello per intenderci del dopo Darmstadt), ve ne è una, la Misato Mochizuki, che ha costruito sulla musica un laboratorio di idee interdisciplinari, che mirano alla riproduzione musicale di sensazioni che di regola siamo abituati a scorgere in un libro, in una foto o in un dipinto: l’aggancio alle arti visuali è stato curato senza prescindere da tutta quella passione filosofica che avvolge il mondo nipponico (e più in generale quello orientale), preservando gli argomenti da un’effimera retorica, dandogli una seria presenza e soprattutto lavorando sulla simbiosi possibile tra la musica contemporanea (vista ancora come incrocio di due mondi musicali diversi ma con molte affinità) e tutta la materia della conoscenza, dalla scienza alla matematica, dalla letteratura alla chimica.
Mochizuki fa leva su un concetto di genetica musicale (che si può leggere sinteticamente in un suo saggio postato nel suo sito internet) basato su uno dei più difficili compiti creativi del compositore contemporaneo, quello di saper oggettivamente creare una musica che lascia pensare solo a determinate situazioni, che sia rinvenibile anche gestendo l’ascolto ad occhi chiusi. Nel suo primo disco per la Kairos, questa smaccata capacità di rivestire eventi simili su piani diversi fu mirabilmente compiuta in composizioni come Chimera (una magnifica tessitura riferita al senso scientifico del termine e non a quello di impossibilità usualmente preso in considerazione) o come Si blue, si calme, basato sull’interposizione ritmica di figure naturali e funzionali alla sua visione artistica (acqua, aria, vento, spazio, silenzi), rinvenute da un poema improvvisato di Buckminster Fuller.
Il nuovo cd monografico per la Neos R. riafferma i principi di genetica che informano la sua scrittura: Etheric Blueprint è uno dei suoi più compiuti tentativi di assemblare sullo stesso asse la scienza del sapere occidentale e la filosofia-scienza orientale: il suono profuso da due sketch di sho (un organetto a bocca risalente all’antichità musicale suonato da Mayumi Miyata) è propedeutico e formativo per la triade di Etheric Blueprint, in cui si percepisce la stessa convinzione sulla personalità dei suoni e sulla loro capacità di imporsi come evento: la corrispondenza tra suoni e loro rappresentazione raggiunge la materia degli eteri tipica del linguaggio spirituale buddista e delle invisibili connessioni della nostra energia con la natura che ci circonda. I riferimenti della Mochizuki stavolta coinvolgono quarte dimensioni, con un collegamento diretto a David Bohm, teorico fisico americano particolarmente vicino alla neuropsicologia, fautore delle teorie che attribuiscono alla percezione della nostra mente il falso segnale di un mondo visibile e misurabile con le sue potenzialità; al contrario esiste uno spazio dinamico non visibile e non misurabile o anche detto olonomico. Oppure mirano dritto alle affermazioni di Masaru Emoto, un mai riconosciuto sperimentatore delle proprietà dell’acqua e dei cristalli, che riteneva potessero essere sensibili al pensiero o alle parole degli uomini, che di fatto ne determinavano la loro forma finale. Tali riferimenti sono essenziali per entrare nelle dinamiche sonore, per regalare una strana alchimia che si rifugia in una struttura polifonica frammentata a posta, che possa svolgere quel ruolo di accompagnamento nella scoperta: si va dalla replica sonora del laboratorio scientifico, ottenuta con una specie di corale ebollizione chimica, alla esilarante novità della scoperta raggiunta, con un’ambiziosa progettualità atta a far risorgere a suoni l’acqua, tramite effetti di elettronica. In tal senso la versione registrata sul cd della Neos, affidata agli elementi del Mdi Ensemble coadiuvati negli effetti elettronici da Christophe Mazzella, rende benissimo l’idea, sfruttando la bravura e la capacità dei strumentisti di calarsi nell’interpretazione voluta dalla compositrice (fatto non scontato e soprattutto non semplice).