In a thriving alveolus of free techniques and with frequent use of gadgets and objects on the cello, the art of ‘Free Trees’ follows characteristic moments with a sort of apologetic thought; it is based exclusively on the strong character and subliminal music: it may be a memory or an extreme passion, hilarity or a serious problem, until you reach the beautiful seven minutes of “Adventures of a string section on the moon” which prefigures rich imaginary scenarios with a strong climax that reveals an unexpected and perfect interplay, as well as a talent in making effective certain choral passages in which the excitement on the strings seems to simulate a trio of rock artists.
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Due costole della formazione russa dei Goat’s Notes si uniscono al violoncellista francese Hugues Vincent per questo trio di improvvisazione nato nel segno della ricchezza espressiva e del sentimento cosmopolita. I due sovietici di “Free Trees” che si uniscono a Vincent sono il contrabbassista Vladimir Kudryavtsev e la violinista Maria Logofet, in una registrazione live effettuata tra S. Pietroburgo e Mosca nell’aprile del 2014. Dei Goat’s Notes penso di essere stato tra i primi a parlarne, individuandone qualità eterogenee nell’impostazione musicale, e di aver delineato, tra le righe di molti articoli, un’interessante scena giovanile russa dedita al recupero di una dimensione senza confini dell‘avant-garde attuale, totalmente onnicomprensiva di pezzi della storia musicale adeguatamente adattati alle caratteristiche personali. Nelle note interne di Free Trees, Kudryavtsev individua un rinnovato sentiment dell’improvvisazione, che si basa sulle emozioni spazio-temporali della realtà circostante: ben consci dell’impossibilità di configurare uno stile che possa avere il fregio di definirsi nuovo, il problema sta nell’esperienza e la formazione acquisita da ciascun musicista; è una sorta di nutrizione linfatica quella di chi cerca di arricchirsi musicalmente, che poi prende direzioni personali ed inaspettate come nello slancio personalizzato dei rami di un’albero. In tema con la mentalità costruttivista che pervade e caratterizza la composizione russa, i tre musicisti incarnano una “rootless cosmopolitans“, metaforicamente riallaciandosi al titolo di un album di Marc Ribot, ed è in tale prospettiva che sono in grado di fornire un’eccitante lettura di musicisti che avvertono la condizione del mondo e ne danno una loro interpretazione. Gli accenti artistici, condivisi in un fiorente alveolo di tecniche libere e con frequente utilizzo di gadgets ed oggetti da parte di Vincent, seguono momenti caratterizzanti come in una sorta di pensiero apologetico e si basano esclusivamente sul carattere forte e subliminale della musica: può essere un ricordo o un’estrema passione, un’ilarità o un serio problema, fino ad arrivare agli splendidi 7 minuti circa di “Adventures of a string section on the moon” che prefigura scenari immaginari ricchi di un climax rafforzativo che rivela un’inaspettato ed perfetto interplay, nonchè una bravura nel rendere efficaci certi passaggi corali in cui l’eccitazione sulle corde sembra simulare un trio di artisti rock.
Siamo all’inizio del 2015 e si sa che non è tempo di referendum, ma questo trio si candida senza problemi a diventare uno dei “bersagli” da superare nell’anno.