Quanto è ignobile il mercato delle registrazioni discografiche, e quanta strada c’è da fare per recuperare il terreno perduto. Per ottenere una prima, decente monografia discografica, il compositore francese Allain Gaussin (1943) ha dovuto aspettare anni, una giusta ricompensa per un autore di rango ma “solo” poco prolifico rispetto alla media; l’etichetta AmeSon ha finalmente pubblicato con equilibrio le sue maggiori composizioni, elaborate fin dai tempi in cui Gaussin si era imposto negli ambienti accademici come uno sviluppo piuttosto particolare del suo maestro Messiaen. Innovatore silenzioso, Gaussin non potrà forse àmbire al rango di Messiaen (ma quanti oggi non lo sarebbero) e risulta spiritualmente lontano dal suo fervente cattolicesimo e più vicino alle infatuazioni di uno Scelsi, tuttavia Gaussin ha da sempre mostrato una propria impostazione, conseguenza di vari fattori d’indagine, che ne possono delineare una figura univoca, in cui solo l’aspetto più saliente si catalizza sulla convergenza con molte tematiche della saggezza orientale. E’ stato borsista a Villa Medici a Roma (scrivendo Eclipse e Colosseo nel ’78-’79) così come la sua residenza a Villa Kujoyama a Kyoto l’ha ispirato per la scrittura di Satori (1998), Jardin Zen (1999) e Tokyo-city (2008).
“Harmonie des sphères” raccoglie in toto questa sentita visuale del Sol Levante (comprende i tre pezzi appena citati), aggiungendo altre tre composizioni molto conosciute del suo repertorio, Ogive (qui nella versione per piano e flauto, invece di quella clavicembalo e flauto), Chakra (un fantomatico e dissonante quartetto d’archi, pieno di tecniche non convenzionali, che nel 1984 colpiva per il tentativo di rappresentare suoni che rappresentassero le parti del corpo in cui sono custoditi i chakra della spiritualità indiana) ed una sua recente composizione per ensemble che dà il titolo alla raccolta monografica, frutto della sua investigazione per la circolarità dei suoni. Per come è elaborata la struttura Harmonie des sphères potrebbe essere un omaggio a Scelsi: Gaussin ha sviluppato a piè sospinto quella frase in cui Scelsi proclamava che il suono è sferico e gira intorno; ne deriva che la sua musica è un agguato per l’ascoltatore poiché cerca di offrirci il meglio ricavabile dai quei suoni e di fissare (seppure in maniera formale) delle traiettorie descrittive, ma per farlo deve usare dissonanze, strutture seriali e come dice Gaussin, movimenti quantici. E’ un compositore completo, motivato ad utilizzare suoni elettroacustici quando c’è ne bisogno oppure percorsi spettrali per risaltare la grande lezione degli armonici di Grisey (a lui ha dedicato la prima parte di Jardin Zen).
Non secondario è il contributo offerto da Gaussin alla cultura: infatti lo stesso è un poeta musicale nel senso stretto del termine, avendo scritto opere con uno stile simile alla composizione e ha fornito ai suoi poemi una veste musicale appropriata, sebbene purtroppo questa monografia non comprende anche quest’aspetto. Per quanti non lo conoscessero o non l’abbiano ancora fatto, l’invito è a scoprire questo compositore che si muove accuratamente nei meandri della percezione subdola dei suoni cercando di combattere la costante disillusione provocata dalle incertezze del nostro sapere.