
Data la provenienza jazz dei suoi musicisti, il N.E.E.M. musicalmente presentava una struttura adeguata al genere, ma senza nessun legame di sorta: free jazz ed organizzazione da concerto bandistico paesano masticavano qualsiasi cosa per destrutturarla: poteva essere una melodia, una poesia, un proclama; alcune esperienze inglesi (quelle di Coxhill ad esempio) erano probabilmente state d’aiuto nell’elaborare un progetto che abbracciava anche interessi locali. Nel 1983 nacque una nuova versione del N.E.E.M., quella del Tea Trinz (che potrebbe essere vista come contrazione di teatrino jazz), che non avendo modo di creare scompiglio nei grandi spazi cominciò a crearli negli spazi ridotti dei cortili, dei locali privati (osterie) e al massimo in manifestazioni carnevalesche. Milano fu infestata da questa ondata spazza perbenismo con spettacoli che vennero anche registrati a Milano e Cividate al Piano: è su queste esibizioni che viene costruito l’antologico “Neem Teatrinz” pubblicato dalla Setola di Maiale, che si appresta a diventare una storica testimonianza discografica italiana di quel particolare movimento musicale, dal momento che “Come eravamo brutti da piccini” non è mai stato ristampato (e forse non lo sarà mai).
In queste operazioni molti penseranno di perdere il proprio tempo: ma è un falso approccio! Una buona guida all’ascolto dovrebbe mettere in evidenza come questo “piccolo” documento sonoro rappresentasse molta della specificità del pensiero della nostra musica alternativa e in alcuni casi pur in presenza di una non sempre eccellente navigazione profusa dalla registrazione, viene mostrato al buon orecchio comunque un buon numero di leccornie; con una differenziazione evidente dovuta all’ambiente della perfomance, il complesso fiati attira la prestazione da cortile mostrando l’eccitazione del binomio tra l’ideatore Francesco Donnini (cornetta, trombone e piano) e Andrea Picchietti (trombone e recitazione), mentre gli ambienti meno estemporanei regalano gli assoli in stile blues stralunato del basso di Del Piano, le invenzioni al sax e le recitazioni gastronomiche di Edoardo Ricci, i serissimi passaggi al baritono di Massimo Falascone e le strutture chitarristiche (invero tra le più tranquille mai sentite) di Eugenio Sanna.
E’ un viaggio in una baraccopoli dove si trovano residui dei Turtles, Zappa, Bing Crosby, del foklore italiano, delle band delle feste patronali e della poesia stradaiola e chiassosa. Quella dei N.E.E.M. fu un’operazione da laboratorio tesa ad un allargamento delle visuali improvvisative e allo sviluppo del teatro da strada ed è veramente sconfortante pensare alle distanze che ci separano da altri paesi in termini di finanziamento a queste forme artistiche. Vi anticipo che avrete qualche problema a sistemare la scaletta dei brani: anche lì c’è un precipuo divertimento nel confondere le cose.
E’ un viaggio in una baraccopoli dove si trovano residui dei Turtles, Zappa, Bing Crosby, del foklore italiano, delle band delle feste patronali e della poesia stradaiola e chiassosa. Quella dei N.E.E.M. fu un’operazione da laboratorio tesa ad un allargamento delle visuali improvvisative e allo sviluppo del teatro da strada ed è veramente sconfortante pensare alle distanze che ci separano da altri paesi in termini di finanziamento a queste forme artistiche. Vi anticipo che avrete qualche problema a sistemare la scaletta dei brani: anche lì c’è un precipuo divertimento nel confondere le cose.