Philip Glass: String Quartet No. 5

0
626
 
 
 
 
The fifth string quartet by Philip Glass, which he wrote in 1991, has a more varied configuration than the previous quartets; with a fatalistic impression, typical of post-modern music, “String Quartet No. 5” flies away lightly and subtly harmonic and represents a good rescue from the minimalist stigmata (Haydn peeks out only in the fourth movement). This composition, in a sense, reflects on the problems that the American composer had faced to find the right solution between minimalistic techniques and the aesthetic reflection of tonality. The musical compromise is a delight to our ears, a brilliant representation of the decadence of our times and of its signals of impotence.
____________________________________________________________________________
Nell’ambito musicale l’arte minimale ebbe modo di affermarsi con lo String Quartet in Four Parts di John Cage nel 1949: scritta con evidenti riferimenti partitici al caso e per evidenziare un irrefrenabile desiderio di conciliare la visuale spirituale orientale, la struttura di quel quartetto risulta ancora oggi il primordiale e più potente indizio della nascita del minimalismo musicale in tema strings.
Quando in America prese piede il relativo movimento, la concentrazione sui quartetti d’archi non fu subito formalizzata e dovette attendere il trapasso necessario a completare l’esperienza dei compositori sull’elettronica. Per quanto riguarda l’esperienza di Philip Glass, il suo primo quartetto fu scritto nel 1966 e fu anche uno dei primi quartetti d’archi sull’argomento; in quel periodo il compositore era nel pieno della sua arte concettuale e il quartetto relativo costituirà una vera e propria perla che si distacca dai restanti cinque: questi ultimi infatti si rendono responsabili del sound olografico che Glass ha dispensato in gran parte della sua carriera e che lo ha reso riconoscibile.
La Naxos, completando un lavoro iniziato qualche tempo fa, pubblica il suo ultimo quartetto per archi (il numero 5), grazie all’opera del Carducci String Quartet, che si era reso protagonista della registrazione dei primi quattro. Il lavoro viene arricchito da una premiére recording, la Suite from Dracula (composta per il film del ’31 diretto da Browning e Freund) e da una rielaborazione in chiave strings della terza sinfonia di Glass, dal titolo String Sextet (con l’aggiunta di ulteriore viola e violoncello). Il giudizio del quinto quartetto, in realtà, non può prescindere dall’analisi dei precedenti a cui cronologicamente consegue anche in intento creativo: in ognuno dei 5 lavori c’è il tentativo di Glass di presentare un ideologico sentimento, una qualità artistica che rende questa espressione superiore a molta produzione recente dell’americano perdutasi nella speranza di un miglioramento ulteriore della comunicatività. Se il quartetto n° 1 ci faceva scoprire l’ipnosi musicale della rotazione (come se noi osservassimo una persona od un oggetto fermi ma siamo noi che gli ruotiamo attorno indotti da uno sguardo di riflessione filosofica), il secondo quartetto, 17 anni dopo, indica già una nuova direttiva poiché si cominciano a sviluppare gli intrecci melodici provenienti dalla storicità dei quartetti: non fu un lavoro dedicato all’uopo, ma fu estratto dalle musiche scritte per una rappresentazione teatrale di una novella di Beckett, tuttavia incrementando la funzione ritmica e introducendo l’ansietà ed il catarsi dei “movimenti”. Nel terzo quartetto, tornato al programma in favore del film di Schrader dedicato al samurai Mishima, l’addolcimento è sostanziale e le tonalità vagamente impostate tra Bach e Schubert si fondono in una struttura drammatica mista tra il minimalismo come punto d’origine e il pressante oscurantismo psicologico delle situazioni rappresentate. Il quarto quartetto fu commissionato per ricordare Brian Buczak e, sbilanciandosi ancor di più nella ricerca del tema melodico, sposta l’asse sul fascino dinamico e romantico di Dvorak.
Il quinto quartetto (ultimo scritto nel 1991) ha una configurazione più varia dei precedenti quartetti; con un’impronta fatalistica tipica del post-moderno, “String quartet n. 5” è leggiadro ed argutamente armonico, e segna una buona riscossa delle stimmate minimaliste (un Haydn fa timidamente capolino solo nel quarto movimento) rimandando alle problematiche che il compositore americano aveva affrontato per cercare una soluzione che mettesse d’accordo tecniche minimalistiche e riflessione estetica puntata sull’impianto degli elementi della tonalità. Comunque una delizia per le nostre orecchie, una fulgida rappresentazione musicale della decadenza dei tempi e dei suoi segnali di impotenza. La preziosa interpretazione del Carducci String Quartet non è fattore da sottovalutare: sebbene Glass abbia legato le evoluzioni stilistiche e commerciali dei suoi quartetti d’archi con le qualità specifiche del Kronos Quartet, la cura e l’interesse del Carducci S.Q. nei confronti di queste composizioni è tale da garantire una reale e completa alternativa (il Kronos non registrò il 1° quartetto nella sua blasonata raccolta per la Nonesuch).
Articolo precedenteLa ricerca della visibilità dei suoni
Articolo successivoChristopher Rouse: Seeing/Kabir Padavali
Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.