L’improvvisazione odierna svizzera sembra molto attenta nel sfruttare il carattere “contemporaneo” del suono: l’accento viene dato soprattutto al contrasto tra suono e silenzio, alle interposizioni acustiche e alle possibilità di ricreare condizioni speciali di ascolto attraverso gli strumenti o gli oggetti a disposizione; a Ginevra i percussionisti Cyril Bondi e D’Inciso hanno realizzato un progetto “orchestrale” di compro-impro, l’Insub Meta Orchestra, in cui prioritaria è la formazione e l’evidenza dei suoni opportunamente amplificati. Si sono create le premesse per un numeroso circolo di giovani improvvisatori che condividono l’attività sperimentale dell’improvvisazione, rinvigorendo sentieri già battuti e cercandone altri da addomesticare. Anche Leo Feigin nel 2012 diede uno sfondo a questa nuova scena di improvvisatori svizzeri, attraverso le incisioni del trio Antoine Lang/Rodolphe Loubatiere/Vinz Vonlanthen (VII678) e quella in cui figurava lo stesso Bondi in un trio con Christophe Bertet e Vinz Vonlanthen (si trattava di Silo) ed è giusto ricordare che molti progetti di questa aggregazione, distribuiti anche nelle velleità singolari dei suoi membri, passano per una label ed una netlabel appositamente costituite (Insub. e Insubordinations).
Tra le specificità dei componenti della Insub, un posto autentico è rivestito dalla sassofonista alto/fagottista Sandra Weiss, che vincendo un premio di lavoro, si è recata per molti mesi negli Stati Uniti per affinare la sua esperienza artistica: a New York essa ha concretizzato il suo impegno con un quartetto di musicisti che ha dato vita ad un progetto denominato SWQ, le cui sessions sono finite in un nuovo cd per la Leo R.. I musicisti americani sono Kenny Warren alla tromba (che conoscevo per la sua presenza nei lavori di Scott Matthew e gli Akron/Family), Jonathan Moritz al sax soprano e tenore (messosi in luce con Secret tempo, un cd in trio per la Hot Cup R. del 2013) e il duo quasi inseparabile composto da Sean Ali al contrabbasso e Carlo Costa alle percussioni (un lavoro di riferimento è l’esperienza dei Natura Morta in cui i due vengono accompagnati da Frantz Loriot alla viola).
“Ramble” è un attento studio sul suono, che si gioca nella contrapposizione della percussività della strumentazione ritmica di contro all’area delle strozzature della sezione fiati, indicando un settore di ricerca in cui musicisti come Mats Gustaffson o Christine Sehnaoui Abdelnour hanno profuso idee essenziali, spinte sullo sperimentalismo e l’organizzazione sonora; perciò “Ramble” di sincopi jazz ne presenta davvero poche. I cinque musicisti si muovono ognuno per proprio conto, cercando di ottenere tramite l’aberrazione dell’ordinarietà del tono, nuove configurazioni oggettivamente interessanti e durevoli. Tre lunghe improvvisazioni compongono un lavoro in cui il neofita di questo genere farebbe fatica a riconoscere gli usuali strumenti (sax, tromba o contrabbasso): quello che colpisce di “Ramble” è il canale subliminale utilizzato, perfettamente centrato in Water in tubes, dove un’amplificazione spettrale, soffi straziati, qualche multifonia ed un’ottima registrazione, propongono l’immagine dell’evento imminente, un misterioso incedere che dà origine ad un dialogo sussidiario provocato dagli strumenti molto simile alle discussioni accalorate degli umani; è frutto di un lavoro ai fianchi per i fiati, ma che produce scenari, grazie anche ad una perfetta compenetrazione della strumentazione teoricamente ritmica, ma che qui assume tutt’altro significato, piena com’è di linee musicali totalmente anticonvenzionali che si offrono in risalto grazie alle possibilità offerte dalla microfonazione. Il senso dell’incombenza si avverte anche in Transition suite, che ulteriormente convalida l’idea che questi musicisti siano già delle realtà fatte e finite dell’improvvisazione europea, di cui bisogna prendere solo atto: nella fase Dispersion di Transition saltano fuori anche le uniche escrescenze jazzistiche. E la seconda parte di Ramble on, che impegna la Weiss e la sezione fiati in un assalto finale agli strumenti dopo un lungo monologo di contrabbasso, dà persino la sensazione di trovarsi ad un raid espressionistico.