Quando pensiamo al folklore argentino le ordinarie cognizioni musicali ci riportano quasi automaticamente ad Astor Piazzolla e al tango, ma in realtà non esiste solo una dimensione della musica popolare. Ad esempio. tra le danze tradizionali più raffinate, che nel tempo si sono trasferite e consolidate nella musica strumentale, un posto di rilievo la occupa la zamba, una tipologia popolare che sembra sia arrivata in Argentina importata dal Perù; dotata di una melodia propria, non sono certo mancati musicisti e compositori che se ne sono occupati già dal primo novecento. Tra questi uno dei più assidui nella frequentazione dei temi fu Gustavo Leguizamòn (1917-2000), un compositore profuso nelle ricerche di una forma popolare adulta, che coinvolgesse tutti gli elementi della composizione, dal canto all’ammiccamento poetico, comprendendo nel suo universo anche le danze parallele della tradizione (chachareras, carnavalitos, vidalas, tutte parimenti dotate di propria personalità coreografica e di strumentazione diversa). Di un compositore come Leguizamòn molti estremisti di ascendenza accademica ne farebbero volentieri a meno, tuttavia il chitarrista Pablo Màrquez ne ha esorcizzato l’importanza con un lungo lavoro di riscoperta che, pur essendo completamente travasato nello strumento della chitarra classica, non era mai stato fatto prima con questa cura. Il frutto discografico si chiama “El Cuchi bien temperado” che, nella coltivazione delle proposte classiche di Eicher alla Ecm New Series, spazza via qualsiasi presunta onta di ampollosità oratoria. Màrquez è un chitarrista di altissimo profilo, che ha suonato molto repertorio impegnativo: Boulez stesso lo volle come interprete principale della Sequenza XI di Berio per il suo settantesimo compleanno; in “El Cuchi bien temperado” l’enfasi è sulla composizione popolare e su una ricercata costruzione delle componenti armoniche e ritmiche suscitate dai pezzi di Leguizamòn: le intersezioni di matrice classica sono ridotte al lumicino per dare spazio all’ariosa melodia di Leguizamòn. Non so cosa ne pensiate al riguardo, ma in questo turbinio di suoni digitalizzati o estremi che assorbiamo quotidianamente da varie fonti, ascoltare questi brandelli di storia musicale è come bere ritornare a bere un bicchiere d’acqua alla fonte pura. E’ chiaro che non è nelle idee dell’artista quello di stravolgere le partiture dell’argentino, senza per questo dare adito al pensiero che qualcosa di più bisognava fare per fornire un omaggio ad un grande maestro: ma aldilà di una tenera accondiscendenza musicale di chi vi scrive, c’è un rispetto che va misurato proprio sulla sensibilità di Marquez, che riesce a rendere concreto lo scopo di Cuchi nel pretendere che la bellezza della musica tradizionale argentina sia un’esperienza che vada apprezzata allo stesso modo con cui si affronta con serietà un frazionamento compositivo classico, dove va innescata la massima capacità elettiva delle note suonate e dei tempi ricalcati.