Friedrich Cerha: Nacht/Drei Orchesterstucke

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The two orchestral compositions included in this long-awaited new CD of work by the composer Friedrich Cerha have a deep tie with the astrolabe and the oriental mystic. To give more detail, both Nacht (finished in 2013) and the triptych Drei Orchesterstücke (three movements composed between 2006 and 2011), show that the center of gravity of the Austrian composer’s thoughts is addressed (as usual) towards the transformation of the visual phenomenon into a musical event; as already stated on other occasions Cerha has his own distinctive stamp that is visible in the score and in the ensuing listening.

For Cerha, orchestras must regain corporeal sounds and emphasize a language of drones of notes, spectral and strong in character, as if to impose themselves on attention. I have repeatedly said that Cerha is the happiest rappresentative of the third dimension of Austrian compositional history, after the classic movement and that of Schoenberg and his associates, although in his case it might be more appropriately called a correction, something that transfers the footprints of Mozart or Beethoven on those of Wagner. It’s the instrumental force of the latter that emerges in the compositional forms, in which percussion takes an important place; this last aspect shows that Cerha has stressed the ties between Wagner and Edgar Varése, offering an efficient combination of both: the aim is to detect the maximum psychological level of the percussive sections. But to be more precise, even Wagner should share a place with the special serialism of Schoenberg, because the instrumental force and lyricism of the first gives way to a large-scale invasion of the motif, that sets up the twelve-tone technique.
These pieces are born in that orbit in a way that we learned to understand over time and that allowed us to update our musical reading, thereby providing an intelligent revision of the past: Nacht perhaps satisfies the sleepless nights of the composer: his interest is in the dynamic of sounds and of the elevation to power of what is heard in the night, when it seems “to belong” us.
Cerha says that the sound-imaginative simulation follows the path of the phenomenon of shooting stars, but in reality the sounds form structures that might encourage other, more earthly sensations: the way in which the strings are used in the opening (cascades of high tonalities) or the vehemence of percussion in the central part are explications of introspection that aim to transfer the mental image to the page, without establishing an unequivocal content (Cerha in the notes clearly invokes the imaginative vision of a night spent looking out the window, directing his hearing toward the surrounding noises). As a container of possible images, Nacht is an invaluable treasure and very Wagnerian after all.
Drei Orchesterstücke emerge from the link with numerology and textures that pays tribute to the hidden truths of the Far East: Tombeau, the final movement of the triptych, is written taking account of magic squares containing 25 numbers, whose distribution and placement is such that there always emerge the same amount, regardless of the direction taken in the counting. In its mysterious charm, one discovers the unique idiom of the instrumental drone that not only responds to the desire to clarify a technique or to highlight the cabal (an aspect that musically should be however investigated), but rather to assess their emotional content.

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Le due composizioni orchestrali che reggono questo sospirato nuovo cd del compositore Friedrich Cerha sono intinte nell’astrolabio e nel mistico orientale. Con più dettaglio, in Nacht (terminata nel 2013) e nel trittico legato di Drei Orchesterstucke (tre movimenti composti tra il 2006 e il 2011), il centro di gravità del pensiero del compositore austriaco è rivolto, come al solito, all’assoluto interesse che un fenomeno della vista possa tramutarsi in una tipologia musicale; come già ribadito in altre occasioni Cerha ha un suo marchio distintivo, riscontrabile nella partitura e in quello che ne deriva all’ascolto. Le orchestre per Cerha devono recuperare la corporeità dei suoni e sottolineare spesso un linguaggio di droni di note, dal carattere spettrale e deciso, quasi a voler imporre la propria attenzione. Di Cerha si è più volte detto come egli sia stato il rappresentate più felice della terza dimensione della composizione storica austriaca, dopo quella classica e quella di Schoenberg e soci, sebbene nel suo caso sarebbe forse più opportuno un correttivo che trasferisca le impronte di Mozart o Beethoven su quelle di Wagner. E’ proprio la forza strumentale di quest’ultimo che emerge nella struttura corale, in cui un posto determinante assumono le percussioni; per tale ultimo aspetto Cerha ha esacerbato gli agganci tra Wagner e Edgar Varese, proponendo una combinazione efficiente di entrambi tesa a rilevare il massimo livello psicologico del reparto percussivo. Ma per essere ancora più precisi, anche il Wagner sottolineato dovrebbe condividere la sua posizione con una speciale serie di Schoenberg, poiché la forza strumentale e lirica del primo lascia posto all’invasione a larga scala del motivo, impostato sulla tecnica dodecafonica.

Questi pezzi nascono perciò in quell’orbita che abbiamo imparato a conoscere nel tempo e che ci ha permesso di donare aggiornamenti ad una lettura musicale improntata ad un’intelligente revisione del passato: Nacht soddisfa forse le turbe notturne inquiete del compositore: il suo interesse alle dinamiche dei suoni è l’elevazione a potenza di ciò che si ascolta nella notte, quando essa sembra “appartenerci”: Cerha afferma che la simulazione sonoro-immaginativa segue il suo amore per il fenomeno delle stelle cadenti, ma in realtà le strutture di suoni presentate potrebbe favorire altri epidermidi alquanto più terreni: il gioco di fontanelle sugli archi che pervade l’apertura o la veemenza delle percussioni nella parte centrale sono esplicazione di introspezioni graduali che mirano a segnalare il trasferimento dell’immagine mentale sulla carta senza poterne fissare in maniera inequivocabile il contenuto (Cerha nelle note noleggia chiaramente la visuale immaginativa di una notte passata guardando fuori dalla finestra, aguzzando l’udito con i rumori circostanti). Come contenitore di immagini possibili Nacht è uno scrigno impagabile e molto Wagneriano dopo tutto.
Nel Drei Orchesterstucke viene fuori il legame con la numerologia e le textures che pagano tributo alle verità occulte dell’Estremo Oriente: Tombeau, il movimento finale del trittico, è scritto tenendo conto dei quadrati magici contenenti 25 numeri, la cui distribuzione e collocazione è tale che emerga sempre la stessa somma qualunque sia la direzione intrapresa nel conteggio. Nel suo fascino misterioso, si scopre l’idioma unico del drone strumentale che non risponde solo alla voglia di acclarare una tecnica o di evidenziare la cabala (aspetto che musicalmente andrebbe comunque coltivato), ma piuttosto di rilevarne i contenuti in termini di emozioni prodotte.
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.