Chi legge queste pagine da tempo, sa che le riflessioni in esso contenute non vogliono mai gridare allo scandalo o al ridicolo. Per quanto concerne la musica, vi sono delle problematiche che dovrebbero essere meglio analizzate alla luce di tutti i possibili fattori costituenti; è da qualche anno che il vostro umile scrittore non vi propone più una segnalazione di musica new age, pur avendone parlato agli inizi della mia scrittura. Il motivo non era solamente determinato dalle distorsioni che la stragrande maggioranza degli artisti hanno provocato in questo settore musicale, ma anche dalla dimensione assunta dagli stessi in merito ad una formula facile e stantia. Pur avendo riconosciuto nella new age un’appendice moderna del sistema classico, la stasi stilistica degli ultimi dieci anni circa è stata preoccupante: con poche eccezioni (vedi al riguardo le operazioni di Crane negli Stati Uniti che puntualmente commentai a suo tempo) anche il pianismo new age, quella forma che aveva aperto nei settanta un varco interdisciplinare nell’elaborazione della tonalità, mostrava segnali inequivocabili di appiattimento, in concomitanza con un graduale riassorbimento della novità neoclassica, un’esplicitazione trovata nei comparti della modern classical.
Chi vi scrive ha da sempre pensato che le innovazioni possono prodursi in un nuovo prodotto (oggi praticamente una reliquia nella musica) o in un nuovo processo (qui si spazia in mondi super-contaminati) e perciò mai si deve disdegnare in maniera acritica il passato per guardare ogni momento all’avanguardia, anche perché questi movimenti (di cui oggi se ne mette in discussione il valore) sono partiti da centri di formazione musicale e da conservatori che si sono impossessati di una motivazione teorica.
Ivan Emma, pianista e musicologo siciliano, si è reso promotore di un progetto pianistico denominato New Age piano 2.0, una sorta di rinascimento della new age pianistica, che vuole risolvere il problema del cliché stilistico attraverso una rinnovata ed intelligente estrazione di soluzioni: suonando le composizioni di Michele Lanari, compositore e pianista toscano, Emma vuole distruggere i falsi miti di Allevi e dell’ultimo Einaudi, spazzare via i preconcetti che giustamente accompagnano quelle prestazioni, lavorando su una vera e propria dimensione “concertistica” dell’esibizione pianistica, che è ragguaglio di capacità, profondità e senso della compenetrazione; pur conservando le stimmate stilistiche del pianismo new age (quel miscuglio meditativo che tiene dentro musica classica, motivi folk, rock, armonizzazioni jazzistiche e tendenze ambient), il lavoro è di una tale complessità che spesso rasenta il virtuosismo del pianismo classico. Non è improvvisazione, nè tanto meno improvvisazione totale alla Jarrett, anche se lo potrebbe diventare riguardo alle fasi del suo svolgimento. Oserei dire new age totale, ove scoprire che le fantasie iper-sensitive e iper-emotive di Rachmaninov o Schumann si confondono con le evoluzioni di Gettel o Stark o con le soluzioni di un pianista rock (magari Emerson e la tendenza prog), sempre tenendo bene in mente l’eccellenza della tradizione classica. Oasi naturalistiche solamente impregnate nella musica, senza nessuno scopo ulteriore, nessuna terapia, non finalizzate al relax ma essenzialmente al contenuto musicale.
Qui vi propongo il recital di Emma effettuato senza pubblico nella sala Scarlatti nell’Auditorium del conservatorio di Palermo: per un’ora dimenticavi di Cage, degli scervellamenti e gli intrighi della musica contemporanea, ma vivete le godurie che il sistema occidentale della musica ci ha fornito, senza dimenticare che anche questa musica può essere un elemento aggregante della civiltà post-moderna.
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Nota:
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