Nell’epoca del pluralismo musicale un’opera come quella del Laboratorio Musicale Suono C si intona molto con le mode del momento: creato dal sassofonista Gianni Console, classe 1978, con la partecipazione di suo fratello Donato al flauto, il Laboratorio pesca in un’improvvisazione turbata dalle nuove direzioni che la vedono rapportarsi a nuove linee di elettronica, sonorità incrociate nel noise e una fitta interposizione con le dinamiche di un rock, quantomeno estraibile a livello ritmico. Nel settembre del 2014 a Castellana Grotte, i due Console assieme a Giuseppe Mariani (tromba), Walter Di Serio (basso e chitarra elettrica) e Giuseppe Tria (batteria) si sono uniti in un’esibizione che richiamasse un pò i modelli formativi e per l’occasione invitarono Peter Brotzmann a suonare con loro. “DEcomposition” prende in esame 6 improvvisazioni che sono un giusto compromesso tra le tendenze singoli dei partecipanti. Naturalmente se per Brotzmann c’è poco da sottolineare, per i restanti è proficuo sottolineare come vi siano già delle componenti stilistiche ben delineate: Gianni ha da poco inciso il suo primo solista dal titolo Nausea, che ho ricevuto direttamente dalle sue mani e a dispetto di quanto ci si possa spaventare dalla titolazione, è un programmatico ed utile viatico per entrare nel suo mondo espressivo; non è un cd di noise pedante o ancor più scadente e, sebbene sia migliorabile sotto alcuni aspetti, si potrebbe scambiare con un lavoro qualitativamente vicino a quelli che da tempo rinveniamo dal versante dell’elettronica noise giapponese. Tra le altre cose, molto interessante si presenta l’uso dell’Ewi4000s di Akai, uno strumento elettronico a fiato che si divide tra un synth e un sax (Brecker, Mintzer e altri artisti del jazz-rock lo usarono in maniera differente). La veracità delle manipolazioni confluisce ordinatamente in quell’improvvisazione rough che caratterizza lo stile di Gianni, un transfert visibile anche in DEcomposition, che si dibatte con la maggior democrazia che deve concedere ai suoi partners. Ma è motivo quasi di scontro, poiché Donato al flauto è una dolce intermittenza subliminale, mentre la sezione ritmica ha tutte le caratteristiche per tendere ad un gruppo di post-rock. Detto questo i sei brani vivono di fasi alterne, con molti passaggi inquartati e qualche piccola pausa di jazz o di rilassamento, dove comunque non sempre la foga espressiva è premiante. Non posso fare a meno di nascondere di essere un pò indeciso sulla valutazione della riuscita della collaborazione con Brotzmann (rilevabile in due brani), pur tuttavia devo anche rilevare come queste decomposizioni prestano il fianco a possibili sviluppi decongestionanti per l’improvvisazione libera nell’ordinaria sfaccettatura di routine, sviluppi che sono tutti da sfruttare ed approfondire, forse ed anche senza Brotzmann: in molti momenti la sovrapposizione dei suoni funziona nel suo complesso e mostra che i due Console, in particolare, hanno già una propria valenza e specificità come musicisti, che è solo da incrementare. Si tratta solo di equilibrare la creatività nei suoi tempi e nei suoi ingressi e lavorare con più omogeneità sull’elettronica.
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