Alla ricerca di nuove forme di sinfonismo digitale

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basic_sounds Roly Porter - A/Visions 3, https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/, no change was made
La caduta dell’estetica musicale è stato un fattore alla base del rinnovamento portato dalla computer music ed in particolare da quella sua modalità di approccio denominata glitch. Si sono presi in considerazione gli errori o anche gli scarti sonori di azioni o procedure casuali degli impianti informatici per costruirci musica attraverso software adeguati in grado di catturare questi anomali suoni.
Prendo qui in considerazione alcune recentissime pubblicazioni discografiche che costruiscono nuove vie di sviluppo: da una parte c’è un canale battutissimo, ossia quello della relazione video o cinematografica, dall’altra un glaciale movimento di sparuti musicisti si sta adoperando per fornire nuovi processi ed ottenere conforto dalla sonorizzazione di codici informatici, macchine per ufficio o beni di uso comune usati nelle trasmissioni. Naturalmente non manca una riflessione estetica.

Tra gli scrittori contemporanei in Finlandia sembra aver un posto rilevante il giovane Harry Salmenniemi (1983); al suo proposito di parla di poesia sperimentale, ispirazione dovuta al mondo della musica classica, adesione alla frammentaria pittura contemporanea e soprattutto viene rimarcata la sua adesione alla letteratura potenziale dell’OuLiPo, un movimento di scrittori e matematici francesi che usano, nel comporre o calcolare, la restrizione (hanno appartenuto a questo gruppo anche Perec e Calvino). Dello stesso spessore sperimentale è anche il regista Mika Taanila, che tra gallerie d’arte, films ed installazioni, da tempo si adopera per una riflessione nel campo dei rapporti tra l’uomo e la tecnologia: quanto alla musica ha cercato di resuscitare la figura pionieristica di Erkki Kurenniemi nell’elettronica finlandese nonché di dar forma sonora alle obsolete stampanti ad aghi. Per Taanila il cinema non è solo una rappresentazione visiva ma piuttosto un’apertura di coscienza real time, che sia in grado di scavare nell’immaginario collettivo. Il regista finlandese ha affidato la colonna sonora di Mannerlaatta a Mika Vainio e il lavoro del noto musicista glitch ripaga moltissimo le attese di un film basato anche sui testi del poeta Salmenniemi. Mannerlaatta (ossia placca tettonica) è un potente omaggio al movimento d’avanguardia del lettrismo francese adeguato alla velocità della luce dei messaggi informatici; girato senza camera e assemblato come un insieme di fotogrammi a bianco e nero (anche manipolati in camera oscura), ingenera l’impressione di un linguaggio apparentemente irrazionale, globale, che consolida i corrispondenti linguaggi delle singole discipline richiamate (poesia, musica, immagini). Il collage di suoni e rumori di Mannerlaatta è quanto di meglio abbia prodotto Vainio negli ultimi anni, poiché anche a prescindere dalle questioni etiche e dalle esigenze cinematografiche, sa produrre un ottimo risultato anche come ascolto musicale slegato.
In un film, che è un viaggio negli anfratti dei timori legati al volo aereo, Vainio rivela più matrici, dall’influenza concreta francese alle trame lavorate, molto variabili dell’elettronica noise; Vainio non vuole spaventare l’ascoltatore, ma per così dire ne vuole far intuire l’ansia ricorrente; si taglia l’anima come se si tagliasse superficialmente il “ghiaccio”. Una granularità allo stato puro lascia il posto ad un inquietante drone di rumore elettrico senza sosta in I could be and old man in front of a service station ma non c’è verso di annoiarsi: quello di Vainio è un noise edulcorato, con una ragionata esaltazione delle dinamiche.
Un’inquietante e al tempo stesso onnipotente flusso sonoro fatto di droni ed effetti elettronici costruiti su fruscii insormontabili e cori apocalittici ripetuti (il pezzo è 4101), accoglie l’apertura di Third Law del musicista Roly Porter.
Letteralmente coccolato dalla critica noise, Porter porta con sè molti elementi della musica moderna. Ai giornalisti Porter ha risposte picche di fronte a facili definizioni o etichettature, come quelle che gli vengono date (una delle più frequenti è quella del sinfonismo digitale); inoltre non c’è nessun senso politico nelle sue musiche ma solo la volontà di rappresentare contenuti emotivi del suono. La sua scultura sonora si fonda certamente su una quantità di glitch più contenuta rispetto all’uso del dub e della tensione industriale con una interposizione della musica classica, che si esplica soprattutto nel modo di maneggiare la parte sintetica della strumentazione. In Mass sembra che si possa aver a che fare con la coralità atea contemporanea e/o le chiese cristiane, ma le chiese evocate da Porter ti fanno saltare in aria, sono decostruzioni che non permettono preghiere di nessun tipo. E’ quel saper gestire la potenza che attrae ed è il carattere distintivo anche dei suoi live shows, un posto dove viene affiancato da Marcel Weber, un innovatore video esposto nella dottrina contemporanea delle creazioni video fatte con frammentazioni diffuse. Con Porter sicuramente trovano conforto le ossessioni dei giovani compositori russi, lanciati nelle ricerche di un post-strutturalismo distruttivo.
In System è emblematica del discorso portato avanti da Porter: una scultura di suono dominata da un violoncello sintetico che lascia una scia misericordiosa, ma una serie di campionamenti e soprattutto un bip ricorrente provocano associazioni irrimediabilmente legate al sistema idiosincratico della società odierna. Per tutto il lavoro Third Law consuma idee buonissime, splendide combinazioni di suoni, trovati nell’immaginario aurale e poi probabilmente trasferite in quello musicale, che hanno sempre un carattere strutturalmente catastrofico, ma c’è in esse una forza strumentale e direi, un vissuto, che in pochi musicisti detengono e sanno trasmettere.
Ryoji Ikeda è stato colui che ha usato il glitch per rappresentare i suoni estemporanei di telefoni, fax e rumori di fonti radio. Ha persino costruito favolosi spettacoli multimediali in cui far confluire la dilagante perdita di coscienza della musica. Qui, però, vi propongo questo immacolato esperimento che proviene da Claudio Parodi e che si costruisce su basi processuali differenti: la trasposizione informatica del testo di ‘Round Midnight di Monk. Prendendo spunto dalle famosi dichiarazioni del pianista americano, che individuò apertamente una serata di musica suonata solo con “wrong errors”, Parodi sottopone il testo ad un lavaggio completo, inserendolo in un un programma di trasferimento musicale ottenuto tramite Octal ASCII language; il risultato è qualcosa che va oltre la decostruzione, perché pianta completamente l’ascolto ad una serie di impulsi intervallati con il silenzio. Per Right Error, quindi, si tratta di un glitch del tutto particolare, in cui un’azione di regolazione e di ordine arriva anche dalle mani del musicista. In un’edizione limitatissima di 100 copie, Right Error è eclettico sin dal suo recepimento visivo, un cd senza illustrazioni cartacee, stampato come involucro a scheda di circuito per una penna USB estraibile nella parte centro-bassa del supporto; inoltre gli effetti vengono divisi in cinque lunghe parti, che a loro volta possono essere ascoltate rispettivamente nelle tre dimensioni possibili: stereo, binaurale (con 3 altoparlanti), quadrofonico (4 altoparlanti in surround).
Per chi ha conosciuto ed amato le versioni cantate di Ella Fitzgerald o Sarah Vaughan, Right Error sarà un shock anafilattico: qui si assiste ad una vera e propria sinfonia di phasing scomposto di emissioni informatiche che somigliano a quel rumore rilasciato dagli amplificatori quando si gioca con il jack di attacco allo strumento: dinamiche atonali che si sovrappongono nei volumi e nei tempi, intervallate da pause di un variabile ordine di grandezza. Il programma restituisce un prodotto musical-informatico aleatorio, che però preso nel suo insieme fornisce continue sorprese soniche all’ascoltatore, da scoprire nella tessitura creatasi e nei cambiamenti impercettibili dei registri (quel poco che il registro sonoro riesce ad esprimere).